«Il mio sogno per Novara? Una grande polisportiva cittadina»

«Una struttura che sia la casa di tutti i nostri picchiarelli. Certo, questo è il sogno massimo, ma in questi trent’anni ci è capitato più volte di sognare e molto è diventato realtà». Se è vero che l’anno di una società sportiva non inizia il primo di gennaio, è anche vero che la stessa società, o in questo preciso caso una polisportiva, può avere un taccuino in cui annotare tutti i desideri, e quelli sì che si pensano all’inizio di ogni anno solare.

 

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Il sogno più grande della polisportiva San Giacomo, la realtà novarese che conta circa 700 persone fra atleti e addetti ai lavori, è proprio quello di vedere realizzata una struttura, «un piccolo palazzetto che possa accogliere un po’ di discipline – dice il patron Sergio Ferrarotti –. È uno dei progetti di cui stiamo lavorando, ma la strada non è facile, anzi, è in salita, perché i costi da sostenere sono tanto elevati. Come ho detto in questi anni ai vari assessori che si sono susseguiti, sarebbe bello che la polisportiva diventasse davvero cittadina e invece qualche porta chiusa l’abbiamo trovata. Lo scopo è condividere, avere uno spazio che accolga noi e altre realtà, in uno spirito di collaborazione».

San Giacomo è spesso sinonimo di progetti importanti. Quale è il più vicino nel tempo?
Formazione, vogliamo che sia la parola chiave del nostro 2020; vogliamo che le persone che lavorano nella nostra famiglia, allenatori, maestri, istruttori, dirigenti e parliamo di oltre cento persone, siano sempre più formate e aggiornate per essere pronte, anche per le normali attività quotidiane. E in questo senso siamo molto fortunati perché possiamo godere di una grande opportunità che arriva direttamente dall’ufficio nazionale pastorale per lo sport e che si chiama “Siamo tutti convocati”, un ciclo di incontri per lavorare meglio nelle realtà sportive.

Quale sport vorresti vedere con il simbolo del picchiarello che accomuna tutta la famiglia San Giacomo?
«Mi piace tantissimo il rugby, che credo sia uno sport eccezionale dal punto di vista formativo, che insegna tanto e proprio per questo, per riallacciarmi alla domanda di prima, richiede persone preparate. Nella nostra città ci sono già due realtà che se ne occupano e lo fanno molto bene, ma nell’elenco degli sport mi piace molto. E poi ci piacerebbe specializzarci nell’inclusione. Con il baskin lo stiamo facendo ma non solo. Sotto questo punto di vista siamo al lavoro con Max Manfredi, sportivo paralimpico oleggese, per introdurre il badmington, abbiamo già fatto richiesta al Comune».

Baskin, inclusione, è ormai una realtà importante della polisportiva e lo stesso presidente ci gioca…
«Sì, ho preso questa decisione: volevo davvero vivere questo sport da dentro e assicuro che è davvero speciale, avrei potuto iscrivermi in qualsiasi palestra, ma ho scelto il baskin e sono felice. Quando si fa sport spesso ci si dimentica di pensare quanto di bello si può ricevere. Il baskin è molto importante per noi, e sono contento che si sia sviluppato anche altrove, vedi Oleggio o  Sozzago. Il campionato di quest’anno è diviso in due gironi e noi ospiteremo il 17 maggio le finali interregionali. Ma anche il calcio è per noi inclusione: grazie alla collaborazione con Angsa un ragazzo autistico gioca a calcio da tre mesi ed è entusiasta e con lui la sua famiglia. Questo è fare sport».

Quanto è sportiva Novara?
«Difficile rispondere a questa domanda. A livello di solidarietà, perché lo sport è anche questo, c’è tanta partecipazione; dalle persone agli imprenditori ci sono le risorse per sviluppare qualcosa di bello. Il salto che Novara deve fare è che la polisportiva in una città diventi l’arma vincente. Le società devono riuscire ad andare oltre la loro piastrella e allargare gli orizzonti. E’ un problema culturale nostro, spesso ragioniamo per i nostri piccoli interessi e così però avremo sempre il freno a mano tirato e il tutto si ripercuote nel pratico. Riuscire a collaborare tutti insieme è importante».

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«Il mio sogno per Novara? Una grande polisportiva cittadina»

«Una struttura che sia la casa di tutti i nostri picchiarelli. Certo, questo è il sogno massimo, ma in questi trent’anni ci è capitato più volte di sognare e molto è diventato realtà». Se è vero che l’anno di una società sportiva non inizia il primo di gennaio, è anche vero che la stessa società, o in questo preciso caso una polisportiva, può avere un taccuino in cui annotare tutti i desideri, e quelli sì che si pensano all’inizio di ogni anno solare.

 

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Il sogno più grande della polisportiva San Giacomo, la realtà novarese che conta circa 700 persone fra atleti e addetti ai lavori, è proprio quello di vedere realizzata una struttura, «un piccolo palazzetto che possa accogliere un po’ di discipline – dice il patron Sergio Ferrarotti –. È uno dei progetti di cui stiamo lavorando, ma la strada non è facile, anzi, è in salita, perché i costi da sostenere sono tanto elevati. Come ho detto in questi anni ai vari assessori che si sono susseguiti, sarebbe bello che la polisportiva diventasse davvero cittadina e invece qualche porta chiusa l’abbiamo trovata. Lo scopo è condividere, avere uno spazio che accolga noi e altre realtà, in uno spirito di collaborazione».

San Giacomo è spesso sinonimo di progetti importanti. Quale è il più vicino nel tempo?
Formazione, vogliamo che sia la parola chiave del nostro 2020; vogliamo che le persone che lavorano nella nostra famiglia, allenatori, maestri, istruttori, dirigenti e parliamo di oltre cento persone, siano sempre più formate e aggiornate per essere pronte, anche per le normali attività quotidiane. E in questo senso siamo molto fortunati perché possiamo godere di una grande opportunità che arriva direttamente dall’ufficio nazionale pastorale per lo sport e che si chiama “Siamo tutti convocati”, un ciclo di incontri per lavorare meglio nelle realtà sportive.

Quale sport vorresti vedere con il simbolo del picchiarello che accomuna tutta la famiglia San Giacomo?
«Mi piace tantissimo il rugby, che credo sia uno sport eccezionale dal punto di vista formativo, che insegna tanto e proprio per questo, per riallacciarmi alla domanda di prima, richiede persone preparate. Nella nostra città ci sono già due realtà che se ne occupano e lo fanno molto bene, ma nell’elenco degli sport mi piace molto. E poi ci piacerebbe specializzarci nell’inclusione. Con il baskin lo stiamo facendo ma non solo. Sotto questo punto di vista siamo al lavoro con Max Manfredi, sportivo paralimpico oleggese, per introdurre il badmington, abbiamo già fatto richiesta al Comune».

Baskin, inclusione, è ormai una realtà importante della polisportiva e lo stesso presidente ci gioca…
«Sì, ho preso questa decisione: volevo davvero vivere questo sport da dentro e assicuro che è davvero speciale, avrei potuto iscrivermi in qualsiasi palestra, ma ho scelto il baskin e sono felice. Quando si fa sport spesso ci si dimentica di pensare quanto di bello si può ricevere. Il baskin è molto importante per noi, e sono contento che si sia sviluppato anche altrove, vedi Oleggio o  Sozzago. Il campionato di quest’anno è diviso in due gironi e noi ospiteremo il 17 maggio le finali interregionali. Ma anche il calcio è per noi inclusione: grazie alla collaborazione con Angsa un ragazzo autistico gioca a calcio da tre mesi ed è entusiasta e con lui la sua famiglia. Questo è fare sport».

Quanto è sportiva Novara?
«Difficile rispondere a questa domanda. A livello di solidarietà, perché lo sport è anche questo, c’è tanta partecipazione; dalle persone agli imprenditori ci sono le risorse per sviluppare qualcosa di bello. Il salto che Novara deve fare è che la polisportiva in una città diventi l’arma vincente. Le società devono riuscire ad andare oltre la loro piastrella e allargare gli orizzonti. E’ un problema culturale nostro, spesso ragioniamo per i nostri piccoli interessi e così però avremo sempre il freno a mano tirato e il tutto si ripercuote nel pratico. Riuscire a collaborare tutti insieme è importante».

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