«In dieci anni abbiamo investito almeno un milione di euro e a questi aggiungiamo i 700 mila euro per l’aula magna. Investire sulla cultura fa sempre bene, la cultura ha sempre un suo tornaconto: coinvolgere le persone e appassionarle». Sono trascorsi ormai dieci anni da che l’attuale sindaco Andrea Baldassini ha preso in mano la “gestione” del museo civico archeologico etnografico Fanchini di Oleggio. In questi dieci anni il museo è cambiato completamente, consolidando negli ultimi anni un numero di visitatori annuo di oltre 10 mila persone, quest’anno per l’esattezza 16.574. E un totale di circa 80 volontari, prima quasi zero.
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«Soddisfatti? Molto, – dice il sindaco – nel 2009 i visitatori erano circa 2 mila, un buon numero, ma se contiamo quelli di oggi qualcosa vuol dire che è stato fatto. Diciamo che prima il museo era un po’ “sottovalutato” e ha vissuto poi un’epoca di transizione. Sono arrivati i primi volontari e poi si è aggiunto Jacopo Colombo che è indubbiamente un valore aggiunto». Con gli anni il museo è stato sempre più affiancato alla biblioteca con l’obiettivo di creare un polo culturale e non due sedi distinte. Tanti gli investimenti pratici. «Abbiamo rifatto cantine, locali, il salone. La cantina che è diventata sala conferenze è stata importante, per creare movimento all’interno del museo. Con il palco che abbiamo acquistato per il chiostro abbiamo ospitato diverse rappresentazioni e spettacoli».
Il museo è cambiato in un aspetto principale: «Si è aperto alla comunità, – spiega Baldassini – dal 2010 abbiamo organizzato il primo open day, un’attività quindi di corollario al museo, abbiamo aperto il primo maggio con un boom di presenze, abbiamo fatto tante attività e la città ha risposto bene. I primi eventi contavano una decina di persone, ora non scendiamo mai sotto i 60/50, le persone si sono fidelizzate e vengono».
Manca però qualcosa: «L’aula magna, con la sua ristrutturazione faremo davvero il salto di qualità. L’attuale cantina ospita poco meno di un centinaio di persone, con l’aula magna potremmo ospitare eventi diversi, concerti, accogliere rappresentazioni scolastiche e accogliere almeno 200 persone, che sono all’interno del museo». Per l’aula ci vorranno 700 mila euro e nel giro di qualche mese verrà pubblicato il bando, al termine di un lungo iter di progettazione, quasi tre anni, sia per preservare il bello artistico sia per garantire sicurezza. «Siamo orgogliosi di aver investito così tanto e continueremo a farlo».
Oltre all’aula magna, anche Jacopo Colombo, presente ormai al museo da vent’anni iniziando come volontario e diventandone poi responsabile, ha un sogno per il museo che un po’ gli appartiene: «Vorrei che il museo mantenesse sempre la sua vocazione provinciale, che sia come altre realtà locali un riferimento per il territorio. Mi piacerebbe che i musei di provincia non fossero considerati di serie B perché manca un Caravaggio perché non sono sulle isole Borromee, sarebbe bello che l’Ente riconoscesse questi patrimonio artistico. E’ un termine che a me non piace molto, ma è giusto che fra i musei ci sia “rete”, perché collegarsi è un volano per tutti. I musei minori sono importanti per la collettività». Jacopo Colombo i visitatori li ha visti crescere pian piano: «Oltre 14 mila persone è un numero che fa piacere, il museo si è aperto alla comunità e questo è stato il risultato. Le attività estive sono sicuramente un aiuto, il lavoro dei volontari anche, abbiamo aperto ai servizi integrativi con borse lavoro e attività per tutti. Abbiamo portato il museo fuori dal museo con anche esposizioni fuori Oleggio e ci siamo fatti conoscere. E’ cresciuto poi il numero delle donazioni, è cambiata la mentalità del conservare e le persone sono contente di affidare qualcosa di importante». Una parola che piace molto a Colombo pensando al museo c’è: «Socialità. In una comunità piccola con il tempo cambiano i punti di collegamento, che prima erano per esempio l’oratorio, la strada dove chiacchierare portando la sedia da casa, – dice – oggi è bello ritrovarsi non solo per spettegolare, ma per coscienza di comunità e il museo è luogo di esempio, ognuno dà qualcosa e fai qualcosa che forse non hai mai fatto. Si crea comunità».
Un museo che vale la pena non solo visitare, ma vivere.