«Lo conosco da una ventina di anni, eravamo amici ma adesso è un po’ di tempo che non lo vedo. Facevo uso di stupefacenti ma non li ho mai comprati da lui». Aveva esordito così, davanti ai giudici, un quarantenne residente nel novarese, testimone al processo nei confronti di un suo coetaneo chiamato dalla Procura a rispondere delle accuse di spaccio e rapina, reato quest’ultimo di cui lui era vittima; ma poi, sollecitato dalle numerose contestazioni dell’accusa, alla fine ha ammesso di aver acquistato dall’amico qualche dose in alcune occasioni.
E dopo l’ammissione il racconto di quel che gli era accaduto nell’inverno di cinque anni fa.
«Era venuto a casa mia, mi ha preso a pugni e calci. Quella volta non ha preso niente, aveva solo spaccato un oggetto tirandolo contro un muro e poi se n’era andato. E’ stato in un’altra occasione che mi ha preso gli occhiali da vista e una bicicletta. Capitava che mi incontrasse in giro, io cercavo di stargli alla larga. Perché? Perché diceva che ero stato io a dire ai carabinieri che lui spacciava, diceva che l’avevo infamato».
Alla base di tutto molto probabilmente anche una questione di soldi. A casa dell’imputato i carabinieri avevano fatto una perquisizione che aveva permesso di trovare alcuni grammi di hashish e marijuana.
Si torna in aula a febbraio.