Un lavoro regolare che però non le permetteva neppure di far fronte, senza angosce, alle spese che esulassero dalla mera quotidianità; una figlia piccola cui provvedere e il sogno di poter portare per una breve vacanza la bimba al mare. Si era anche informata per ottenere un prestito che però non le era stato concesso. E’ a quel punto, siamo nell’estate del 2018, che decide di rivolgersi a un vecchio amico, anzi qualcosa di più perché qualche anno addietro avevano avuto una relazione. Sapeva che non aveva problemi economici e quindi, fiduciosa, gli aveva formulato la richiesta. Mille euro.
Non un prestito sulla fiducia in nome della vecchia frequentazione; lui infatti le chiede la sottoscrizione di 7 cambiali da 200 euro ciascuna. Le prime rate le aveva pagate alla scadenza pattuita, poi c’era stato qualche ritardo e lui aveva iniziato a mandarle dei messaggi per sollecitare i pagamenti arretrati; messaggi che, a dire della donna, avevano un contenuto minaccioso.
Poi a gennaio dell’anno scorso la donna si era rivolta in Questura e aveva raccontato quanto le stava accadendo.
L’uomo, cinquantenne, è finito a processo con le accuse di usura ed estorsione; la donna in aula aveva riferito di aver chiesto mille euro e che avrebbe dovuto restituirgliene 1400, con le sette cambiali; per parte sua l’uomo ha invece sempre sostenuto di averle dato quella somma, ovvero 1400 euro.
Nessun dubbio per l’accusa: il pm ha chiesto la condanna a 6 anni di reclusione; assoluzione per il mancato raggiungimento della prova la richiesta della difesa che ha puntato il dito sulla contraddittorietà delle dichiarazioni rese dalla donna, che nel processo si è costituita parte civile.
Il tribunale lo ha condannato a 3 anni e mezzo di reclusione.