Era la sera del 21 settembre del 2016 quando i carabinieri, sulla scorta di un’informazione che riferiva di alcuni furti di merce che si verificavano all’interno di un magazzino, si posizionarono all’esterno del Cim in attesa dell’uscita di un mezzo in particolare; e quando “quel” camion uscì, lo seguirono per qualche chilometro prima di fermarlo; a bordo trovarono un bancale con circa 2000 confezioni di caffè, per un valore di poco più di 16mila euro; ma casa del conducente, un quarantenne cittadino ucraino residente fuori regione, trovarono altra merce, confezioni di caffè e macchine professionali.
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L’uomo fu arrestato, ammise gli addebiti; processato per direttissima, patteggiò la pena di un anno e mezzo e poi fu scarcerato.
Ma nel frattempo le indagini non si fermarono: gli investigatori visionarono tutti i filmati delle telecamere di sorveglianza. Ed è stato così che sono arrivati ad individuare il complice, un cittadino dello Sry Lanka, cinquantenne, residente in provincia di Novara e, all’epoca dei fatti, dipendente di una cooperativa che lavorava in quel magazzino, ora a processo con l’accusa di furto in concorso.
I fotogrammi lo avevano immortalato mentre, poco prima dell’orario di chiusura del magazzino, prelevava da un pallet integro alcuni sacchi e li caricava a bordo del camion.
In base a quanto ricostruito dagli investigatori i furti erano iniziati alcuni mesi prima e, per quei furti, il camionista avrebbe consegnato, di volta in volta, una somma di denaro, da 300 a 500 euro, al magazziniere. Nell’ultima udienza è stato ascoltato uno dei militari che condusse le indagini. Si torna in aula a settembre.