Il meccanismo in sé era semplice, ma nel contempo ben studiato: cittadini stranieri che avevano bisogno di un rilascio, o di un rinnovo, del permesso di soggiorno, seguendo le direttive del titolare di un’agenzia di pratiche per stranieri, un 54 enne di origine tunisina, attivavano e registravano ditte individuali (prevalentemente nel settore del volantinaggio o della vendita ambulante di capi d’abbigliamento), per dimostrare un’attività lavorativa e quindi una fonte di reddito, e poi con la compiacenza di un dipendente di uno studio tributarista, italiano di 48 anni, presentavano falsi bilanci o meglio, cosiddetti “bilancini” di previsione.
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Le indagini, avviate nel 2018, avevano preso il via dalla constatazione che parecchie delle richieste di permesso di soggiorno avevano, come comun denominatore, la stessa agenzia di pratiche per stranieri ed hanno permesso di scoprire che nessuno dei richiedenti aveva in realtà un’attività lavorativa.
Il giro d’affari (almeno quello scoperto) è stato stimato in circa 15 mila euro: lo straniero, da quanto emerso, pagava 300 euro all’agenzia e 150-200 euro al tributarista.
In conclusione di indagini la Procura ha chiesto al gip l’emissione di due misure cautelari: per il tunisino la misura degli arresti domiciliari, e per l’italiano, dipendente dello studio, quella dell’obbligo di dimora nel comune di residenza.
Trenta le denunce a carico di altrettanti stranieri. Le ipotesi di reato contestate a vario titolo sono quelle di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e produzione di falsa documentazione.
«Un sistema fraudolento – hanno sottolineato Valeria Dulbecco, dirigente della squadra Mobile e Rocco Zoccali, dirigente dell’Ufficio Immigrazione – per ingannare la pubblica amministrazione per il rilascio di permessi di soggiorno senza essere in possesso dei requisiti».
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