In mancanza di unità di intenti e di visioni, alla fine è arrivato il Coni, il massimo ente sportivo nazionale, a fare un po’ di ordine. Con una posizione certamente impopolare, dato che lo sport era considerato da molti quale l’ultimo baluardo di una normalità che oggi non appartiene, e non potrebbe essere altrimenti, al nostro Paese. Fermi tutti: non si gioca più fino al 3 aprile e poi si vedrà. Altre quattro settimane di stop per tutti gli sport a tutti i livelli: per intenderci, dall’attività di base per arrivare ai massimi livelli. Stop alla serie A di calcio, che nelle ultime settimane ha offerto probabilmente lo spettacolo peggiore, ma anche a tutti gli altri sport. Fine delle trasmissioni, per un mese. Fine, si spera, delle polemiche e delle divisioni ad opera di chi, anche in un momento che rischia di essere drammatico (prima dal punto di vista sanitario, poi dal punto di vista economico) per l’Italia intera non ha fatto altro che perseguire, ancora una volta, i propri micro (o macro) interessi.
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Quello che succederà non è dato saperlo: in 15 giorni appena le prospettive sono mutate radicalmente, dai dubbi sulla disputa o meno delle gare e delle partite in programma nell’ultimo weekend di febbraio alla lunga lista di decisioni “scomposte e sconnesse” prese dalle varie federazioni e leghe che in alcuni casi hanno permesso a intere regioni, quando non a interi campionati (come la serie B di calcio o i gironi meridionali della serie C) di proseguire come se nulla fosse accaduto. In un contesto in cui persino 48 ore risultano essere orizzonti di ampio respiro, l’arco temporale definito dal CONI e ribadito dal nuovo Decreto Legge del Governo, di 4 settimane, rende impossibile fare qualsivoglia ipotesi. Di certo, per tutti gli sport di squadra, la stagione dei club è compromessa: anche qualora dal 4 aprile tutto ripartisse a regime – prospettiva questa, ai limiti dell’utopia – al momento non sarebbero a disposizione che 40-50 giorni per completare “la corsa”.
Cosa succederebbe, poi, nel caso di una positività “diretta” nell’ambiente? Una prospettiva con cui si sono dovuti misurare già alcuni club delle serie minori di calcio (anche il Novara, sebbene in maniera indiretta con il patron Rullo). La sospensione delle attività al momento ha “annullato” o quasi il problema. Ma se si ripresentasse più avanti, a ridosso o in seguito alla ripresa delle attività?
L’unica certezza, a questo punto, è che le varie federazioni avranno 25 giorni di tempo per lavorare a una scala di soluzioni alternative. A oggi lo sport ha dimostrato di non avere un piano B. Il 3 aprile, sperando tutto vada per il meglio, serviranno anche un piano C, un piano D… e forse altro ancora.