Il Teatro Coccia riparte dalla memoria. In questo periodo di sospensione, il Coccia propone un’iniziativa che può essere uno spunto per impegnare parte del proprio tempo tra i ricordi e i racconti, e per il Teatro stesso un’occasione per conoscere ancora meglio la propria storia, attraverso gli occhi del proprio pubblico: Quella volta al Coccia….
Quello che viene suggerito è di sfogliare i vecchi album di famiglia, analogici o digitali, e cercare foto del secolo scorso (dal 1900 al 1999) che raccontino il legame tra i proprio cari e il proprio con il Teatro Coccia: partecipazione a spettacoli, apparizioni in palcoscenico, dietro le quinte, fotografie con artisti, festeggiamenti. Inviatele con whatsapp al numero 0321233201 o via mail a info@fondazioneteatrococcia.it, corredate da nome e cognome del mittente, al quale è richiesto di segnalare la data dello scatto se la conosce, chi vi è ritratto e se lo desidera anche di descrivere un ricordo legato alla foto.
Le foto inviate saranno pubblicate sui canali social del Coccia: «Ho notato come in queste settimane tutti gli episodi che ci hanno in qualche modo fatti sentire vicini, insieme anche se distanti, sono legati all’arte e in particolare alla musica – commenta il direttore Corinne Baroni – tutti i momenti di condivisione hanno avuto come protagoniste arie musicali, che siano liriche o leggere, poco importa, l’arte e la bellezza sono gli elementi che ci uniscono e ci uniranno sempre. Per questo ho pensato che il Teatro deve ancor più in questo momento far sentire la sua presenza. Lo facciamo proiettando online le nostre produzioni in modo che la gente possa guardarle da casa, ma vogliamo coinvolgere ancora più attivamente il nostro pubblico, perché sappia che il teatro senza le persone non può esistere. Ci auguriamo che questa iniziativa diventi anche un modo per trascorrere qualche ora di serenità in famiglia e vogliamo che tutti gli scatti raccolti, diventino, quando tutto potrà tornare alla normalità, una mostra – dal digitale all’analogico – nel nostro foyer, che non vediamo l’ora ritorni a vivere».