In molti avevano auspicato che il 25 Aprile potessero rappresentare la liberazione dall’incubo del coronavirus, così come nel 1945 ha rappresentato la liberazione dall’incubo della guerra. Così non è stato, siamo ancora in quarantena, ma ci auguriamo che tra qualche sforzo ancora riusciremo a ritrovare la libertà.
Per il momento, dunque, restiamo ancora a casa e cerchiamo di tenervi compagnia con la nostra rubrica di consigli semiseri che oggi non può che essere a tema 25 Aprile.
Vi ricordiamo che tutti i contenuti suggeriti sono free, li potete trovare direttamente in questa rubrica, su piattaforme social o scaricandoli da internet su telefono o pc. In fondo potete trovare i link delle puntate precedenti.
#maquantastoria a cura di Gianni Cerutti
Victor Joppolo, il protagonista di A Bell for Adano è un maggiore dell’AMG, sbarcato in Sicilia al seguito della settima armata del generale Patton, cui è affidato il compito di governare il territorio della cittadina di Adano, nella finzione, Licata, nella realtà, una delle teste di ponte dello sbarco alleato. L’autore, John Hersey, è uno dei più celebrati giornalisti americani. Quando venne pubblicato il libro, nel 1944, Hersey aveva trent’anni, ma già una solida reputazione conquistata grazie ai reportage realizzati per Time e Life. Leggi l’articolo completo a questo link nella rubrica “Ah, Europa”.
#quelchepassaperlatesta a cura di Mario Grella
Una Resistenza mai vista, magari cominciando dalle pagine di History Lovers Club, sito web americano di immagini storiche che dedica le foto di oggi proprio alla Resistenza italiana. http://historyloversclub.com/rare-photos-of-wwii/11/
“Bella Ciao” dei vigili del fuoco inglesi non potete proprio perdervela: destinata a diventare un “must” (non dico “virale” perché a furia di dirlo vedete cosa è successo).
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=hBuGsTLIGvo]
Ma chi erano i partigiani? Se li volete “vedere in faccia” ecco un link molto prezioso: http://www.istitutoparri.eu/archivio-news/37-news/260-biblioteca-digitale-il-fondo-partigiani-anpi-bologna-e-online. Si tratta dell’imponente archivio fotografico dell’Istituto Parti di bologna.
Cosa ha permesso di far diventare qualcuno un partigiano? A questa domanda risponde il magnifico film “Io Partigiano” a cura Archivio nazionale delle video-testimonianze dei combattenti per la libertà e promosso dalla Presidenza dell’ANPIe curato da Laura Gnocchi e Gas Lerner.
[vimeo 339303707 w=640 h=360]
#ecosmart a cura di Fabrizio Cerri
Secondo lo studio Italiano effettuato da Sima, ricercatori dell’Università di Bari, Bologna e Trieste, e dell’ateneo di Napoli “Federico II” si rileva una correlazione tra inquinamento e diffusione del virus. Ne deriva un’importante riflessione di come quanto stia accadendo debba necessariamente essere sfruttato per rivedere i nostri stili di vita nonchè abitudini. Un’occasione unica per ripensare le nostre città trasformandole sempre più in luoghi ambientalmente sostenibili e a misura d’uomo. Qui di seguito l’articolo completo: https://www.agi.it/cronaca/news/2020-04-24/inquinamento-particolato-coronavirus-sima-8427205/
#invacanzadacasa a cura di Stopover Viaggi
In questo momento così particolare, per festeggiare insieme il 25 Aprile, i nostri auguri saranno diversi, speciali. Vi regaliamo questo giro del mondo virtuale per farvi sognare, viaggiare con la fantasia e pensare a quale sarà la vostra prossima meta.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=eU7uoITzqx4]
#classicochilegge a cura di Paola Turchelli
Il 19 dicembre 1969 il “Times Literary Supplement” di Londra scriveva: «È probabile che nessun altro libro sulla Resistenza italiana possa superare, sia come documento storico sia come riuscita artistica, questo incompiuto, grezzo, straripante, monumentale abbozzo di romanzo». L’opera fu ritrovata fra le carte di Fenoglio dopo la sua morte a soli quarant’anni. «Il romanzo che tutti avevamo sognato» scrisse Italo Calvino.
Il protagonista è Johnny, giovane studente di Alba che, dopo l’8 settembre 1943 ritorna a casa, si nasconde per qualche tempo in collina ma si rende subito consapevole della necessità, che nasceva nel profondo delle sue viscere,di dover aderire alla guerra partigiana e tutto inizia da lì, da quando lascia la casa in collina che i genitori gli avevano trovato per nascondersi dalla leva obbligatoria della Repubblica di Salò. Così una notte Johnny sguscia fuori dalla casa paterna e «… partì verso le somme colline,la terra ancestrale che l’avrebbe aiutato nel suo immoto possibile […] il mento annidato al petto per ridurre il bersaglio al vento nel vortice del vento nero, sentendo com’è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana…».
L’intuizione che Fenoglio ebbe nel dare vita a questo romanzo/capolavoro supera l’esperienza storica e personale della Resistenza e la lotta partigiana assume una rappresentazione di Johnny, “partigiano in aeternum”. La connotazione della scelta esistenziale dello scrittore. E la guerra partigiana trova in questo romanzo la sua più alta rappresentazione fino a renderlo più illuminante di una ricostruzione storica facendosi leggere con il fascino che hanno le storie mai raccontate prima. La guerra, la sua mostruosità, la disumanità della violenza emergono nel romanzo in tutta la loro concretezza, al punto da far quasi sentire in alcune pagine l’odore pungente della paura e del sangue. L’intensità emotiva con cui Fenoglio rivive quella vicenda, lo porta a proiettare alcuni elementi nei simboli di un’esperienza che va oltre i dati temporali e contingenti. E nei funerali di un partigiano caduto Johnny scorgerà» un sigillo di eternità, come fosse un greco ucciso dai Persiani due millenni avanti» perchè «una battaglia è una cosa terribile e dopo ti fa dire… mai più. Un’esperienza terribile, bastante, da non potersi ripetere».
La bellezza di quest’opera incompiuta non può lasciare indifferenti chi legge, tingendosi di un metafora dell’esistenza e dell’irripetibile avventura della giovinezza dove la Resistenza, pur reale, diviene pretesto per un cammino ben più segreto verso la ricerca dello scopo stesso dell’esistenza.
«Un’ideale collina teatro d’avventura, di pericolo, e di vittorie e di morte, luogo astratto di greppi solitari,creste selvagge… dove il guerriero si sente come al centro del mondo… ora il caos, l’apocalisse, gli inferi, ora un mondo splendido ed assoluto sole, immense plaghe».
#mettiamociallopera a cura di Matteo Beltrami
«Qui termina la rappresentazione perchè a questo punto il Maestro è morto». Con questa parole, Arturo Toscanini, alla prima al Teatro alla Scala di Turandot, rivolse al pubblico al termine della scena della morte di Liù, nel terzo atto. Succedeva il 25 aprile 1926. Come è noto, infatti, l’opera non venne mai terminata perchè l’autore, Giacomo Puccini, morì prima di poterlo fare. Il compito di comporre il finale fu affidato Franco Alfano, suo allievo: un finale che però, a Toscanini non piaceva, tanto che tagliò anche delle battute che, comunque, non volle eseguire alla prima assoluta. Noi sappiamo che quella sera il pubblico ascoltò solo le note composte da Puccini.
Nel video del 1983 un’interpretazione di Placido Domingo di “Nessun dorma” proprio alla Scala di Milano.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=k_bLOG0axrE]
#sulfilodellamemoria a cura di Pierluigi Tolardo
Il 25 Aprile era…
Il 25 Aprile era il signor Bracco che aveva il pizzetto e un grande cane lupo e era il custode della scuola elementare di mia mamma, la De Amicis di Via Monte San Gabriele. Veniva alla riunioni delle case popolari e salutava il maestro Enrico Massara: uno comunista e l’altro socialista ma erano stati partigiani.
Il 25 Aprile era il signor Orlando Foglio, segretario dei pensionati della Cgil, il capo dei comunisti del mio quartiere S. Rocco ma era anche il Presidente del Consiglio di Quartiere sempre pronto a battagliare per avere qualcosa in più nel mio quartiere, era stato un partigiano.
Il 25 Aprile era il senatore Lucio Benaglia, amico di Scalfaro, democristiano che i comunisti non li poteva vedere ma che aveva combattuto con loro per battere i fascisti che poteva vedere ancora meno.
Il 25 Aprile era monsignor Enrico Nobile, sempre elegante, professore di teologia morale in seminario e di religione alle Magistrali, sul volto una cicatrice: era un giovane prete impegnato nella Resistenza e i fascisti c’erano andati giù pesanti per fargli fare i nomi, ma un giovane o vecchio prete che sia sa tenere il segreto.
Il 25 Aprile era son Angelo Stoppa, lo storico della chiesa novarese, il cappellano dei partigiani, che assistette fino all’ultimo i dieci partigiani trucidati a Ghemme.
Il 25 aprile era il carabiniere Natale Olivieri ucciso a sangue freddo in piazza Martiri dai fascisti mai domo di servire la Patria.
Non hanno pensato “chi glielo faceva fare”: era gente abituata a lavorare e che avrebbe lavorato tanto dopo la Liberazione.
Ora che non ti capita più di incontrarli per strada, di parlare con loro, non ti capiterà più di vederli in carne e ossa, seduti come noi a un bar o in una biblioteca capisco che uomini sono stati: veri, semplici, come noi ma eroici loro malgrado perché potessimo essere anche noi semplici, veri, umani, liberi.
#dainstagramallinfinito a cura della Redazione
Doppiaggio, blog, attualità, cinema e satira. Di questo si occupa Gio Pizzi, al secolo Giovanni Pizzogoni, influencer con 47 mia follower su Instagram e 300 mila iscritti al canale Youtube. Di cose ne ha da dire, e sono anche molto intelligenti. Tra tutte, segnaliamo il video su quelli che negano l’Olocausto.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=afN0X6RvQoU]
#diboccabuona a cura di Roberto Egiddi
Cappelletti bastonati
Forse la ricetta dei cappelletti in brodo la conoscono tutti, ma di sicuro non tutti sanno che era un piatto tipico dei partigiani e che veniva chiamato così perchè durante il periodo fascista gli squadristi facevano irruzione nelle case per bastonare chi celebrava il 1° Maggio proprio mangiando i cappelletti. Non esiste una ricetta univoca: la tradizione vuole, ad esempio, che il brodo venga preparato con la carne. Ma si sa, durante la guerra la carne era cibo per pochi e il brodo era fatto con la sola verdura. Oggi cucinare un brodo vegetariano non è più una necessità, ma una scelta ponderata da molti. Dunque oggi niente ricetta classica, ma solo una riflessione su un piatto della tradizione per celebrare questo 25 Aprile.
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