Youssef Nabil è un fotografo egiziano contemporaneo (nato nel 1972 al Cairo), e la sua fotografia è profondamente egiziana, nonostante il suo cosmopolitismo. Direi che “vuole” essere profondamente egiziana ed elaborato con la tecnica della tenue colorazione manuale delle stampe. Le sue fotografie sono esposte in una bella mostra dal titolo “Once Upon a Dream” a Palazzo Grassi a Venezia, fino al marzo 2021. Nabil opera soprattutto sul ritratto. Il ritratto di famiglia occupa un posto molto rilevante nella fotografia tradizionale egiziana. È tuttavia evidente che in questi magnifici ritratti vi sia qualcosa di inconsueto e questo qualcosa non risiede nella tecnica, ma nei soggetti: si tratta di una serie di ritratti di donne famose, artiste o attrici come Marina Abramovic, Fanny Ardant, Carherine Deneuve e molte altre che hanno accettato di farsi ritrarre da Youssef Nabil.
Cosa ci dicono queste fotografie? Si tratta puramente di una bizzarria di un artista in cerca di originalità? Non credo, credo invece che la ricerca di Nabil sia più profonda e incentrata sulla nozione stessa di foto/grafia. Le donne famose sono riconoscibilissime da parte del pubblico, ma la loro conformità omologativa, data dallo “hijab” indossato da tutte le modelle, rende il riconoscimento facciale come una sorta di rivelazione epifanica. In questo sta certamente la novità e lo scopo stesso di questa bellissima serie fotografica di Nabil. Naturalmente la mostra comprende altre sezioni, di particolare interesse quella dedicata alle locandine cinematografiche della cosiddetta “Nilwood” (termine che fa esplicito riferimento alla più celebre e celebrata “Bollywood”). Si tratta di locandine di film commerciali che potremmo annoverarle tra le produzioni “kitsch” (sia le locandine che i film), ma che vengono grandemente rivalutate e collocate in un nuovo universo iconico, proprio dall’eccellente lavoro di colorazione di Youssef Nabil.
Ma per lui ci il cinema è anche un riferimento esistenzialmente importante; scrive a questo proposito: “… Noi islamici parliamo molto del destino. Ciascuno di noi ha già scritto per venire al mondo e un tempo per andarsene (…) e ho cominciato a osservare la mia vita come se fossi in un cinema e guardassi ogni minuto del mio film scritto e girato prima del mio ingresso in sala. Adesso è il momento di restare seduto e guardarlo…” Anche la ritrattistica di famiglia o la galleria di immagini dell’Egitto, grazie alla colorazione fotografica alla gelatina d’argento, escono dalla prevedibilità per collocarsi su un piano di grande ricerca fotografica. La mostra è stata curata da Matthieu Humery e Jean Jacques Aillagon.