Il centro anti violenza di Borgomanero salva cinque donne. E i dati nazionali sono in ascesa

Su sette donne consapevoli di trovarsi in pericolo, solo una decide di di farsi aiutare denunciando la situazione. Sono i dati nazionali frutto dell’analisi Istat sulle chiamate effettuate nel periodo del lockdown al numero anti violenza 1522.

«Durante il lockdown sono state 5.031 le telefonate valide – si legge nel report – il 73% in più sullo stesso periodo del 2019. non corrispondente a un aumento del numero di violenze, ma a un’importante campagna di sensibilizzazione sulla diffusione del numero di emergenza. Le chiamate motivate da una richiesta di aiuto per violenza subita ammontano a 1.543, ma si chiama anche per avere informazioni sul servizio 1522 (28,3%), o per manifestare altre situazioni di disagio diverse dalla violenza (17,1%). Il 45,3% delle vittime ha paura per la propria incolumità o di morire; il 72,8% non denuncia il reato subito. Nel 93,4% dei casi la violenza si consuma tra le mura domestiche, nel 64,1% si riportano anche casi di violenza assistita».

 

 

Salgono le chiamate, ma scende le denunce: quelle per matrattamenti in famiglie sono calate del 43%: delle 5.000 telefonate al 1522, solo 695 sono diventate denunce; altre 164 donne l’hanno fatta, ma poi ritirata. Sempe secondo il report, i motivi della mancata denuncia sono legati alle conseguenze negative che si possono generare nel contesto familiare (21,6%). Una vittima su quattro ha dichiarato di non voler compromettere la famiglia. A seguire ci sono la paura di non riuscire a farcela da sola (13,4%) e quella della reazione violenta del persecutore (10,9%). Tra le motivazioni c’è anche la poca fiducia nelle forze dell’ordine e una donna su tre (il 40,4%) è tornata dal maltrattante.

Al centro anti violenza di Borgomanero si fanno i conti di ciò che è successo durante il periodo del lockdown: «Dopo i primi giorni di silenzio – spiega la psicologa Chiara Zanetta – sono arrivate le telefonate: Il cento ha sostenuto e incontrato le donne seguite a distanza; le operatrici degli sportelli di Arona, Marano Ticino e Borgomanero hanno continuato a lavorare, tenendo i telefoni sempre accesi. Le accoglienze in emergenza, sono state particolarmente complesse. Sono state messe in sicurezza 5 donne con i figli, per un totale di 14 persone».

Con la fine del lockdown, il lavoro del centro è proseguito: «Si rivolgono a noi sia donne italiane che straniere provenienti da contesti famigliari molto diversi – continua Zanetta -. La maggior parte delel donne telefona anche solo per avere in conforto: nei casi più gravi si interviene con un legale e uno psicologo. In casi di emregenza, quando una vittima telefona dicendo di avere paura a tornare a casa, noi siamo in grado di intervenire con l’allontanamento immediato».

A questo scopo il Cav di Borgomanero ha portato avanti il progetto “Donne per le Donne”, sostenuto da Fondazione Comunità Novarese: «Il primo e urgente bisogno riguarda le emergenze notturne – spiega Zanetta – a volte le donne che si presentano a chiedere aiuto non hanno una rete di sostegno a cui appoggiarsi nel momento in cui si espongono con una denuncia nei confronti del convivente; da qui la necessità di avere delle risorse economiche per poter agire tempestivamente nello spostamento della donna presso un luogo protetto».

Grazie alla disponibilità del Consorzio Mediana, il Cav prosegue anche l’attiivtà di formazioni di volontari, non solo donne, ma cercando di raggruppae il più alto nunerodi persone disponibili.

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Il centro anti violenza di Borgomanero salva cinque donne. E i dati nazionali sono in ascesa

Su sette donne consapevoli di trovarsi in pericolo, solo una decide di di farsi aiutare denunciando la situazione. Sono i dati nazionali frutto dell’analisi Istat sulle chiamate effettuate nel periodo del lockdown al numero anti violenza 1522.

«Durante il lockdown sono state 5.031 le telefonate valide – si legge nel report – il 73% in più sullo stesso periodo del 2019. non corrispondente a un aumento del numero di violenze, ma a un’importante campagna di sensibilizzazione sulla diffusione del numero di emergenza. Le chiamate motivate da una richiesta di aiuto per violenza subita ammontano a 1.543, ma si chiama anche per avere informazioni sul servizio 1522 (28,3%), o per manifestare altre situazioni di disagio diverse dalla violenza (17,1%). Il 45,3% delle vittime ha paura per la propria incolumità o di morire; il 72,8% non denuncia il reato subito. Nel 93,4% dei casi la violenza si consuma tra le mura domestiche, nel 64,1% si riportano anche casi di violenza assistita».

 

 

Salgono le chiamate, ma scende le denunce: quelle per matrattamenti in famiglie sono calate del 43%: delle 5.000 telefonate al 1522, solo 695 sono diventate denunce; altre 164 donne l’hanno fatta, ma poi ritirata. Sempe secondo il report, i motivi della mancata denuncia sono legati alle conseguenze negative che si possono generare nel contesto familiare (21,6%). Una vittima su quattro ha dichiarato di non voler compromettere la famiglia. A seguire ci sono la paura di non riuscire a farcela da sola (13,4%) e quella della reazione violenta del persecutore (10,9%). Tra le motivazioni c’è anche la poca fiducia nelle forze dell’ordine e una donna su tre (il 40,4%) è tornata dal maltrattante.

Al centro anti violenza di Borgomanero si fanno i conti di ciò che è successo durante il periodo del lockdown: «Dopo i primi giorni di silenzio – spiega la psicologa Chiara Zanetta – sono arrivate le telefonate: Il cento ha sostenuto e incontrato le donne seguite a distanza; le operatrici degli sportelli di Arona, Marano Ticino e Borgomanero hanno continuato a lavorare, tenendo i telefoni sempre accesi. Le accoglienze in emergenza, sono state particolarmente complesse. Sono state messe in sicurezza 5 donne con i figli, per un totale di 14 persone».

Con la fine del lockdown, il lavoro del centro è proseguito: «Si rivolgono a noi sia donne italiane che straniere provenienti da contesti famigliari molto diversi – continua Zanetta -. La maggior parte delel donne telefona anche solo per avere in conforto: nei casi più gravi si interviene con un legale e uno psicologo. In casi di emregenza, quando una vittima telefona dicendo di avere paura a tornare a casa, noi siamo in grado di intervenire con l’allontanamento immediato».

A questo scopo il Cav di Borgomanero ha portato avanti il progetto “Donne per le Donne”, sostenuto da Fondazione Comunità Novarese: «Il primo e urgente bisogno riguarda le emergenze notturne – spiega Zanetta – a volte le donne che si presentano a chiedere aiuto non hanno una rete di sostegno a cui appoggiarsi nel momento in cui si espongono con una denuncia nei confronti del convivente; da qui la necessità di avere delle risorse economiche per poter agire tempestivamente nello spostamento della donna presso un luogo protetto».

Grazie alla disponibilità del Consorzio Mediana, il Cav prosegue anche l’attiivtà di formazioni di volontari, non solo donne, ma cercando di raggruppae il più alto nunerodi persone disponibili.

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