«Dopo 34 giorni di quarantena torno al lavoro positivo ma con carica virale bassa»

«Dopo 34 giorni di quarantena torno al lavoro positivo ma con carica virale bassa». Lo riferisce un novarese che da ieri, 20 novembre, è tornato a essere «un uomo a piede libero», commenta con ironia e senso di liberazione. «La mia professione prevede che io stia all’aria aperta e che mi muova su un mezzo di trasporto su cui sono sempre da solo – specifica – per cui mi sento tranquillo. E comunque è stata la stessa Asl a “liberarmi” ufficialmente con una mail».

 

 

Per quest’uomo e la sua famiglia la quarantena era iniziata lo scorso 16 ottobre: «Quel giorno mia moglie era risultata positiva, perciò anch’io e i nostri due figli siamo subito stati messi in quarantena preventiva. Dieci giorni dopo siamo stati tutti sottoposti a tampone: mia moglie si era negativizzata, mentre io e mia figlia siamo risultati positivi, ma siamo sempre stati asintomatici. Dopo altri 10 giorni (il 5 novembre, ndr) abbiamo rifatto il tampone, che per mia figlia è risultato positivo, mentre io ero ancora negativo. Venerdì 13 ho ricevuto una telefonata dall’Asl, in cui mi è stato preannunciato che di lì a breve avrei ricevuto una comunicazione scritta con cui sarei potuto tornare a lavorare, perché la mia carica batterica era risultata bassa. La mail è arrivata mercoledì 18 e specificava che dal 20 avrei potuto riprendere a lavorare».

Come vive questo “ritorno alla normalità”?
«Non vedevo l’ora, soprattutto perché sono sempre stato bene – risponde – E sono felice che anche i miei figli abbiano potuto riprendere i laboratori in presenza a scuola, che svolgono un paio di giorni a settimana. Il maggiore, peraltro, è sempre stato negativo: l’ipotesi è che possa averlo contratto durante la prima ondata senza rendersene conto o che, grazie alle precauzioni che abbiamo adottato in casa, sia riuscito a rimanerne alla larga».

Quali precauzioni avete preso?
«Per fortuna abbiamo una casa abbastanza grande su due piani e siamo riusciti a isolarci progressivamente, usando camere da letto e bagni distinti, mangiando separati fra cucina e sala con stoviglie e tovaglie tenute anch’esse sempre separate. Mio figlio ha sempre indossato la mascherina nelle “parti comuni” e ha trascorso la maggior parte del tempo nella sua stanza. Cosa che perlatro fa già normalmente, come molti adolescenti. Ovviamente continuerò a rispettare tutte le misure di contenimento anche al lavoro – aggiunge – Come dicevo il tipo di professione che svolgo, all’aria aperta e in solitaria sul mezzo di trasporto, mi agevolerà senz’altro. Ma ho un amico, anch’egli liberato di recente con carica virale bassa, che lavora in un reparto non Covid dell’ospedale: l’ho sentito in questi giorni e mi ha confessato che lui è sicuramente meno sereno di me rispetto al rientro. Il suo timore è di poter mettere a rischio le persone immunodepresse, in un ospedale non è così difficile incrociarle».

Dall’Asl spiegano che «il Dpcm prevede che le persone possano uscire dalla quarantena 21 giorni dopo il primo tampone».

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Elena Ferrara

Nata a Novara, diplomata al liceo scientifico Antonelli, si è poi laureata in Scienze della Comunicazione multimediale all'Università degli studi di Torino. Iscritta all'albo dei giornalisti pubblicisti dal 2006.

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«Dopo 34 giorni di quarantena torno al lavoro positivo ma con carica virale bassa»

«Dopo 34 giorni di quarantena torno al lavoro positivo ma con carica virale bassa». Lo riferisce un novarese che da ieri, 20 novembre, è tornato a essere «un uomo a piede libero», commenta con ironia e senso di liberazione. «La mia professione prevede che io stia all’aria aperta e che mi muova su un mezzo di trasporto su cui sono sempre da solo – specifica – per cui mi sento tranquillo. E comunque è stata la stessa Asl a “liberarmi” ufficialmente con una mail».

 

 

Per quest’uomo e la sua famiglia la quarantena era iniziata lo scorso 16 ottobre: «Quel giorno mia moglie era risultata positiva, perciò anch’io e i nostri due figli siamo subito stati messi in quarantena preventiva. Dieci giorni dopo siamo stati tutti sottoposti a tampone: mia moglie si era negativizzata, mentre io e mia figlia siamo risultati positivi, ma siamo sempre stati asintomatici. Dopo altri 10 giorni (il 5 novembre, ndr) abbiamo rifatto il tampone, che per mia figlia è risultato positivo, mentre io ero ancora negativo. Venerdì 13 ho ricevuto una telefonata dall’Asl, in cui mi è stato preannunciato che di lì a breve avrei ricevuto una comunicazione scritta con cui sarei potuto tornare a lavorare, perché la mia carica batterica era risultata bassa. La mail è arrivata mercoledì 18 e specificava che dal 20 avrei potuto riprendere a lavorare».

Come vive questo “ritorno alla normalità”?
«Non vedevo l’ora, soprattutto perché sono sempre stato bene – risponde – E sono felice che anche i miei figli abbiano potuto riprendere i laboratori in presenza a scuola, che svolgono un paio di giorni a settimana. Il maggiore, peraltro, è sempre stato negativo: l’ipotesi è che possa averlo contratto durante la prima ondata senza rendersene conto o che, grazie alle precauzioni che abbiamo adottato in casa, sia riuscito a rimanerne alla larga».

Quali precauzioni avete preso?
«Per fortuna abbiamo una casa abbastanza grande su due piani e siamo riusciti a isolarci progressivamente, usando camere da letto e bagni distinti, mangiando separati fra cucina e sala con stoviglie e tovaglie tenute anch’esse sempre separate. Mio figlio ha sempre indossato la mascherina nelle “parti comuni” e ha trascorso la maggior parte del tempo nella sua stanza. Cosa che perlatro fa già normalmente, come molti adolescenti. Ovviamente continuerò a rispettare tutte le misure di contenimento anche al lavoro – aggiunge – Come dicevo il tipo di professione che svolgo, all’aria aperta e in solitaria sul mezzo di trasporto, mi agevolerà senz’altro. Ma ho un amico, anch’egli liberato di recente con carica virale bassa, che lavora in un reparto non Covid dell’ospedale: l’ho sentito in questi giorni e mi ha confessato che lui è sicuramente meno sereno di me rispetto al rientro. Il suo timore è di poter mettere a rischio le persone immunodepresse, in un ospedale non è così difficile incrociarle».

Dall’Asl spiegano che «il Dpcm prevede che le persone possano uscire dalla quarantena 21 giorni dopo il primo tampone».

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Nata a Novara, diplomata al liceo scientifico Antonelli, si è poi laureata in Scienze della Comunicazione multimediale all'Università degli studi di Torino. Iscritta all'albo dei giornalisti pubblicisti dal 2006.