Quando avevo diciotto anni e frequentavo i circoli di estrema sinistra, come “Lotta Continua”, il circolo anarchico di Via dei Mille o la sezione di “Lotta Comunista”, il Natale era sempre periodo di grandi scontri, in particolare per me credente, anche se era impossibile per tutti sottrarsi al “dibattito” e non dovete pensare a qualcosa di vagamente simile a quello che avviene oggi sui social. Era una cosa molto diversa, in un mondo molto diverso. Non ho scritto “migliore”, ho scritto “diverso”. Inevitabilmente, oltre alle questioni relative alla festa religiosa, alla festa consumistica, al concetto di “famiglia”, un altro argomento teneva il campo: la carità.

’argomento appassionava molto, non tanto in quanto virtù teologale; gli argomenti teologici erano praticamente vietati e al massimo tollerati attenendo al campo del “personale” e non a quello del “politico”, erano tuttavia erano i tempi in cui “il personale era politico” e quindi meno se ne parlava, meglio era. Io la carità la facevo già allora, la faccio tutt’ora e, presumo, la farò sempre. Però quegli anni di furente scontro ideologico mi hanno insegnato che la carità è un dovere cristiano (e anche umano), ma è politicamente sbagliata. Lo è per un motivo, che potremmo dire afferisce al concetto di Utopia: non devono esserci persone bisognose di carità.

a Politica, quella con la “P” maiuscola, è l’arte dell’amministrazione della “città” ed è la politica che dovrebbe creare le condizioni perché la carità non divenga necessaria. Evidentemente il credo religioso aveva visto ben oltre le capacità umane ed aveva persino dubitato di esse e con una certa ragione. Oggi assistiamo ad una necessità sempre maggiore del cosiddetto “terzo settore”, quello del volontariato, che molto spesso va ad intersecarsi con le attività di carità. Tornando agli anni Settanta,i miei compagni di lotta avrebbero detto che, questo offrirsi delle associazioni alle necessità delle società, rappresenta una omologazione delle attività caritatevoli alle logiche del capitalismo e del neo-capitalismo (aggiungerei del post-capitalismo e della finanza).

Naturalmente non si tratta solo della carità cristiana, ma delle iniziative umanitarie in senso lato. Nessuno di noi presta più molto caso alle raccolte fondi per la ricerca scientifica, per esempio. Ma perché bisogna affidarsi alla generosità dei singoli per finanziare la ricerca scientifica in campo medico? Un sistema politico efficiente non dovrebbe ricorrere alla carità, ma dovrebbe ricorrere alle tasse, secondo la ferrea logica che chi più ha, più deve contribuire.

La trasformazione delle organizzazioni umanitarie in organizzazioni parallele alle istituzioni politiche, è la più lampante sconfitta della Politica. Del resto la saggezza cinese lo aveva già intuito: se un povero ti dice che ha fame non dare lui un pesce, ma insegnagli a pescare. Qualche “politico” lo aveva compreso, ma si chiamava Mao-Tse-Tung (Mao Zedong) e oggi c’è quel che c’è…

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Ma per carità…

Quando avevo diciotto anni e frequentavo i circoli di estrema sinistra, come “Lotta Continua”, il circolo anarchico di Via dei Mille o la sezione di “Lotta Comunista”, il Natale era sempre periodo di grandi scontri, in particolare per me credente, anche se era impossibile per tutti sottrarsi al “dibattito” e non dovete pensare a qualcosa di vagamente simile a quello che avviene oggi sui social. Era una cosa molto diversa, in un mondo molto diverso. Non ho scritto “migliore”, ho scritto “diverso”. Inevitabilmente, oltre alle questioni relative alla festa religiosa, alla festa consumistica, al concetto di “famiglia”, un altro argomento teneva il campo: la carità. ’argomento appassionava molto, non tanto in quanto virtù teologale; gli argomenti teologici erano praticamente vietati e al massimo tollerati attenendo al campo del “personale” e non a quello del “politico”, erano tuttavia erano i tempi in cui “il personale era politico” e quindi meno se ne parlava, meglio era. Io la carità la facevo già allora, la faccio tutt’ora e, presumo, la farò sempre. Però quegli anni di furente scontro ideologico mi hanno insegnato che la carità è un dovere cristiano (e anche umano), ma è politicamente sbagliata. Lo è per un motivo, che potremmo dire afferisce al concetto di Utopia: non devono esserci persone bisognose di carità. a Politica, quella con la “P” maiuscola, è l’arte dell’amministrazione della “città” ed è la politica che dovrebbe creare le condizioni perché la carità non divenga necessaria. Evidentemente il credo religioso aveva visto ben oltre le capacità umane ed aveva persino dubitato di esse e con una certa ragione. Oggi assistiamo ad una necessità sempre maggiore del cosiddetto “terzo settore”, quello del volontariato, che molto spesso va ad intersecarsi con le attività di carità. Tornando agli anni Settanta,i miei compagni di lotta avrebbero detto che, questo offrirsi delle associazioni alle necessità delle società, rappresenta una omologazione delle attività caritatevoli alle logiche del capitalismo e del neo-capitalismo (aggiungerei del post-capitalismo e della finanza). Naturalmente non si tratta solo della carità cristiana, ma delle iniziative umanitarie in senso lato. Nessuno di noi presta più molto caso alle raccolte fondi per la ricerca scientifica, per esempio. Ma perché bisogna affidarsi alla generosità dei singoli per finanziare la ricerca scientifica in campo medico? Un sistema politico efficiente non dovrebbe ricorrere alla carità, ma dovrebbe ricorrere alle tasse, secondo la ferrea logica che chi più ha, più deve contribuire. La trasformazione delle organizzazioni umanitarie in organizzazioni parallele alle istituzioni politiche, è la più lampante sconfitta della Politica. Del resto la saggezza cinese lo aveva già intuito: se un povero ti dice che ha fame non dare lui un pesce, ma insegnagli a pescare. Qualche “politico” lo aveva compreso, ma si chiamava Mao-Tse-Tung (Mao Zedong) e oggi c’è quel che c’è...

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