Quando sono venuto ad abitare in Via Gibellini 49, ora sto al 98, il quartiere S. Rocco era più piccolo di oggi, la parte residenziale era fatta da poche villette, c’erano solo case popolari, l’asilo parrocchiale sarebbe nato di li a poco, non c’era la scuola media, non c’era la farmacia, le poste, non c’era la banca che fra poco chiuderà, non c’era il supermercato che ha chiuso da poco per trasferirsi sul corso vicino molto più trafficato. In compenso c’erano due fabbriche con molti operai e la chiesa era anch’essa una ex fabbrica e la cappella sussidiaria era un vagone ferroviario in disuso. Arrivava però il bus.

Il quartiere era una di quelle periferie di cui parla sempre Papa Bergoglio e anche l’aria è popolare ed è più facile sognare come canta Eros Ramazzotti.

Il Villaggio S. Rocco era Rosso, il PCI nelle famose elezioni del 1976 sfiorò il 60% dei voti, la sezione del PCI del quartiere qualche centinaio di iscritti, alle prime Elezioni del Consiglio di Quartiere maggioranza assoluta per il PCI, associati per benevolenza i socialisti, Presidentissimo del Quartiere un ex partigiano, zio dell’odierno Sindaco leghista.

Erano tutti comunisti, mandavano i figli a catechismo , gli facevano fare la prima comunione, li mandavano all’oratorio e si sposavano in Chiesa, amavano il loro Parrocco un bergogliano cinquanta anni in anticipo ma erano comunisti, la Festa dell’Unita’ del quartiere era quasi meglio di quella provinciale, una squadra agguerrita tutte le domeniche vendeva l’Unita’ casa per casa.

Non gli importava molto della Russia, ognuno ha i suoi problemi dicevano e loro avevano i loro problemi come noi.

Gli importava un salario più giusto, dei lavori meno pesanti, dei capi meno arroganti, di essere curati un po’ se si ammalavano e una casa con un affitto agevolato per loro e i loro figli e avere tutto questo come un diritto e non una concessione o una raccomandazione.

Non sono mai stato comunista , ero orgoglioso di essere della minoranza bianca del Villaggio rosso, come tutte le minoranze un po’ messa ai margini e tollerata ma tutta quella gente, comunista senza aver mai letto Marx e tantomeno Lenin, con il crocifisso al collo e l’Unità in mano, tutta quella gente era la mia gente e non me la scordo più.

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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Era un villaggio del PCI

Quando sono venuto ad abitare in Via Gibellini 49, ora sto al 98, il quartiere S. Rocco era più piccolo di oggi, la parte residenziale era fatta da poche villette, c’erano solo case popolari, l’asilo parrocchiale sarebbe nato di li a poco, non c’era la scuola media, non c’era la farmacia, le poste, non c’era la banca che fra poco chiuderà, non c’era il supermercato che ha chiuso da poco per trasferirsi sul corso vicino molto più trafficato. In compenso c’erano due fabbriche con molti operai e la chiesa era anch’essa una ex fabbrica e la cappella sussidiaria era un vagone ferroviario in disuso. Arrivava però il bus.

Il quartiere era una di quelle periferie di cui parla sempre Papa Bergoglio e anche l’aria è popolare ed è più facile sognare come canta Eros Ramazzotti.

Il Villaggio S. Rocco era Rosso, il PCI nelle famose elezioni del 1976 sfiorò il 60% dei voti, la sezione del PCI del quartiere qualche centinaio di iscritti, alle prime Elezioni del Consiglio di Quartiere maggioranza assoluta per il PCI, associati per benevolenza i socialisti, Presidentissimo del Quartiere un ex partigiano, zio dell’odierno Sindaco leghista.

Erano tutti comunisti, mandavano i figli a catechismo , gli facevano fare la prima comunione, li mandavano all’oratorio e si sposavano in Chiesa, amavano il loro Parrocco un bergogliano cinquanta anni in anticipo ma erano comunisti, la Festa dell’Unita’ del quartiere era quasi meglio di quella provinciale, una squadra agguerrita tutte le domeniche vendeva l’Unita’ casa per casa.

Non gli importava molto della Russia, ognuno ha i suoi problemi dicevano e loro avevano i loro problemi come noi.

Gli importava un salario più giusto, dei lavori meno pesanti, dei capi meno arroganti, di essere curati un po’ se si ammalavano e una casa con un affitto agevolato per loro e i loro figli e avere tutto questo come un diritto e non una concessione o una raccomandazione.

Non sono mai stato comunista , ero orgoglioso di essere della minoranza bianca del Villaggio rosso, come tutte le minoranze un po’ messa ai margini e tollerata ma tutta quella gente, comunista senza aver mai letto Marx e tantomeno Lenin, con il crocifisso al collo e l’Unità in mano, tutta quella gente era la mia gente e non me la scordo più.

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.