Confagricoltura Piemonte e qualità dell’aria: «Noi faremo la nostra parte»

Massima adesione, ma occorre maggiore attenzione alla sostenibilità economica degli allevamenti

La Regione Piemonte sta definendo le modifiche al Piano stralcio per la qualità dell’aria, che si inseriscono nel quadro dei provvedimenti per il controllo dell’inquinamento atmosferico da mettere in atto a partire dal 2023, riguardanti tutti i comparti produttivi e i trasporti.

«A marzo del 2019– ha spiegato Ercole Zuccaro (in foto), direttore di Confagricoltura Piemonte – il Consiglio regionale ha approvato il Piano Regionale di Qualità dell’Aria (PRQA), che prevede un orizzonte temporale di rientro nei limiti emissivi al 2030, anno in cui si intende raggiungere, attraverso l’attuazione di misure mirate alla riduzione degli inquinanti, un valore di emissione di ammonica da parte dell’agricoltura pari a circa 32.000 tonnellate all’anno».

In base ai dati tecnici dell’Inventario Regionale delle Emissioni in Atmosfera (IREA) – chiarisce Confagricoltura – la gestione dei reflui zootecnici emette circa 32.000 tonnellate annue di ammoniaca, mentre l’utilizzo di fertilizzanti circa 6.000 tonnellate annue. Per il raggiungimento degli obiettivi emissivi al 2030 la Regione ha individuato una serie di misure riferite al settore agricolo, che prevedono, tra l’altro, l’apporto di matrici organiche in sostituzione della concimazione minerale, l’adozione di tecniche agronomiche per la riduzione delle emissioni di ammoniaca in atmosfera,  la limitazione della combustione dei residui colturali del riso in campo.

«Il Piano – ha dichiarato Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte –  prevede misure temporanee e strutturali che impattano pesantemente sullo svolgimento delle attività agricole, condizionando le attività produttive e gravando di ulteriori costi le imprese».

A livello tecnico Confagricoltura ha messo a punto una serie di osservazioni e suggerimenti affinché, rispettando l’impostazione e la sostanza del provvedimento, si possa definire una normativa che salvaguardi la tutela dell’ambiente senza mettere a repentaglio la possibilità di produrre e, di conseguenza, la sostenibilità economica dell’attività agricola.

Confagricoltura sottolinea come occorra innanzitutto effettuare una riflessione di fondo sullo stato attuale del comparto zootecnico piemontese, che sta attraversando un periodo di difficoltà per motivi economici (aumento dei costi per l’alimentazione degli animali e per l’energia), sanitari (rischio di diffusione della peste suina) e di mercato (contrazione dei prezzi e forte concorrenza dei prodotti esteri). «La propensione agli investimenti e la fiducia nel futuro degli allevatori – ha sottolineato il responsabile dell’area ambiente di Confagricoltura Piemonte Marco Boggetti – sono piuttosto basse. Pur tenendo conto dei vincoli legislativi e normativi esistenti, imporre obblighi crescenti e onerosi dal punto di vista finanziario che richiedono la sostituzione in tempi ravvicinati, inferiori a qualsiasi periodo di ammortamento, di dispositivi e attrezzature per l’allevamento,  potrebbe causare la chiusura di numerose stalle, con un danno per l’economia piemontese nel suo complesso, o alimentare una certa propensione alla trascuratezza delle prescrizioni e degli impegni formali, che produrrebbero il mancato raggiungimento degli obiettivi del Piano e un danno per l’ambiente».

Per Confagricoltura è perciò necessario favorire un percorso di adeguamento aderente alla realtà del comparto zootecnico e strettamente integrato tra l’introduzione di nuove tecniche, attrezzature e modifiche strutturali e le corrispondenti misure di sostegno e accompagnamento alle aziende.

«Siamo consapevoli dell’indifferibilità delle azioni da mettere in atto e disponibili come mondo agricolo a fornire il nostro contributo per il miglioramento della qualità dell’aria – ha concluso Enrico Allasia – e per questo invitiamo la Regione Piemonte a impegnarsi per contenere gli oneri e le limitazioni a carico dell’agricoltura, coordinando gli interventi con le altre regioni del bacino padano, anche al fine di omogeneizzare gli interventi da adottare».

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Confagricoltura Piemonte e qualità dell’aria: «Noi faremo la nostra parte»

Massima adesione, ma occorre maggiore attenzione alla sostenibilità economica degli allevamenti

La Regione Piemonte sta definendo le modifiche al Piano stralcio per la qualità dell’aria, che si inseriscono nel quadro dei provvedimenti per il controllo dell’inquinamento atmosferico da mettere in atto a partire dal 2023, riguardanti tutti i comparti produttivi e i trasporti.

«A marzo del 2019– ha spiegato Ercole Zuccaro (in foto), direttore di Confagricoltura Piemonte – il Consiglio regionale ha approvato il Piano Regionale di Qualità dell’Aria (PRQA), che prevede un orizzonte temporale di rientro nei limiti emissivi al 2030, anno in cui si intende raggiungere, attraverso l’attuazione di misure mirate alla riduzione degli inquinanti, un valore di emissione di ammonica da parte dell’agricoltura pari a circa 32.000 tonnellate all’anno».

In base ai dati tecnici dell’Inventario Regionale delle Emissioni in Atmosfera (IREA) – chiarisce Confagricoltura – la gestione dei reflui zootecnici emette circa 32.000 tonnellate annue di ammoniaca, mentre l’utilizzo di fertilizzanti circa 6.000 tonnellate annue. Per il raggiungimento degli obiettivi emissivi al 2030 la Regione ha individuato una serie di misure riferite al settore agricolo, che prevedono, tra l’altro, l’apporto di matrici organiche in sostituzione della concimazione minerale, l’adozione di tecniche agronomiche per la riduzione delle emissioni di ammoniaca in atmosfera,  la limitazione della combustione dei residui colturali del riso in campo.

«Il Piano – ha dichiarato Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte –  prevede misure temporanee e strutturali che impattano pesantemente sullo svolgimento delle attività agricole, condizionando le attività produttive e gravando di ulteriori costi le imprese».

A livello tecnico Confagricoltura ha messo a punto una serie di osservazioni e suggerimenti affinché, rispettando l’impostazione e la sostanza del provvedimento, si possa definire una normativa che salvaguardi la tutela dell’ambiente senza mettere a repentaglio la possibilità di produrre e, di conseguenza, la sostenibilità economica dell’attività agricola.

Confagricoltura sottolinea come occorra innanzitutto effettuare una riflessione di fondo sullo stato attuale del comparto zootecnico piemontese, che sta attraversando un periodo di difficoltà per motivi economici (aumento dei costi per l’alimentazione degli animali e per l’energia), sanitari (rischio di diffusione della peste suina) e di mercato (contrazione dei prezzi e forte concorrenza dei prodotti esteri). «La propensione agli investimenti e la fiducia nel futuro degli allevatori – ha sottolineato il responsabile dell’area ambiente di Confagricoltura Piemonte Marco Boggetti – sono piuttosto basse. Pur tenendo conto dei vincoli legislativi e normativi esistenti, imporre obblighi crescenti e onerosi dal punto di vista finanziario che richiedono la sostituzione in tempi ravvicinati, inferiori a qualsiasi periodo di ammortamento, di dispositivi e attrezzature per l’allevamento,  potrebbe causare la chiusura di numerose stalle, con un danno per l’economia piemontese nel suo complesso, o alimentare una certa propensione alla trascuratezza delle prescrizioni e degli impegni formali, che produrrebbero il mancato raggiungimento degli obiettivi del Piano e un danno per l’ambiente».

Per Confagricoltura è perciò necessario favorire un percorso di adeguamento aderente alla realtà del comparto zootecnico e strettamente integrato tra l’introduzione di nuove tecniche, attrezzature e modifiche strutturali e le corrispondenti misure di sostegno e accompagnamento alle aziende.

«Siamo consapevoli dell’indifferibilità delle azioni da mettere in atto e disponibili come mondo agricolo a fornire il nostro contributo per il miglioramento della qualità dell’aria – ha concluso Enrico Allasia – e per questo invitiamo la Regione Piemonte a impegnarsi per contenere gli oneri e le limitazioni a carico dell’agricoltura, coordinando gli interventi con le altre regioni del bacino padano, anche al fine di omogeneizzare gli interventi da adottare».

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