Re Biscottino compie 150 anni, ma la maschera della città, vista la situazione sanitaria, dovrà rimandare a Luglio i festeggiamenti: meglio non assembrarsi ancora per un po’. Il pensiero va al Carnevale del 2020, quando qualche coriandolo e qualche stella filante per le strade già si mescolavano alle notizie provenienti dalla Cina, due turisti erano ricoverati allo Spallanzani, e i nomi di Whuan, Nembro, Codogno incombevano come minacce, ma ancora non immaginavamo che di lì a poco si sarebbero chiuse le scuole e le strade sarebbero rimaste deserte; nel nostro vocabolario diventavano famigliari termini come lockdown, smart working, distanziamento, tampone, terapia intensiva e le mascherine non erano più quelle di Colombina e Arlecchino. Chiudeva anche il sambodromo di Rio de Janeiro.
E allora proviamo a immaginarcela una sfilata allegorica, tentiamo di cantare un gioioso inno alla vita chiedendo aiuto ai poeti, che con l’allegria carnevalesca hanno esorcizzato la fragilità della condizione umana.
Torniamo indietro nel 1490 a Firenze, dove ci accoglie il Signore della città, Lorenzo de’ Medici, che in una sua ballata descrive il trionfo del carro mascherato del dio Bacco, accompagnato dal suo seguito: Arianna, ninfe e satiri, e invita alla gioia e alla spensieratezza.
Quest’è Bacco e Arianna,
belli, e l’un de l’altro ardenti:
perché ‘l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Bacco è il dio del vino e della vita, i personaggi che lo accompagnano sono creature attratte dai piaceri dei sensi; la loro felicità di vivere si manifesta con canti, balli e suoni, trappole amorose in cui si è contenti di cadere, in una sarabanda che coinvolge tutti:
Donne e giovani amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il cuore!
Non fatica, non dolore!
Non c’è barriera sociale che possa trattenere Amore: ad essere esclusi sono solo gli uomini rozzi, incapaci di amare:
Non può fare ad Amor riparo
se non gente rozze e ingrate.
Eppure l’andamento agile e incalzante del canto bacchico non può mascherare del tutto una nota pessimistica e malinconica, quella del trascorrere del tempo e della precarietà della vita: il piacere è qualcosa di fragile e caduco, ancorato esclusivamente alla dimensione del presente. La bellezza e la gioia devono fare i conti con il fuggire della giovinezza e l’incertezza del futuro:
Quant’è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto sia:
di doman non c’è certezza!
Cogliamo l’attimo, come ci insegnano i poeti; usiamo con intelligenza il tempo che trascorriamo sulla terra, come ci invita a fare il Qoelet, un libro della Bibbia.
Abbiamo già dovuto perdere troppi giorni preziosi.
[Immagine: Annibale Carracci, Trionfo di Bacco e Arianna, 1600. Roma, Palazzo Farnese]