Coldiretti Novara-Vco – Ucraina: «Con guerra stop ad un terzo del grano mondiale»

Occorre Incentivare percorsi di filiera territoriali per far fronte a questa emergenza

La guerra, con le conseguenti sospensioni delle spedizioni commerciali, fa volare il prezzo del grano e degli altri prodotti agricoli. Secondo l’analisi di Coldiretti, infatti, un terzo del commercio mondiale di grano (29%), il 19% delle forniture globali di mais per l’allevamento animale e l’80% delle esportazioni di olio da girasole, provengono dai porti sul mar Nero dell’Ucraina e dalla Russia che al momento hanno bloccato le loro esportazioni. Gli effetti economici del conflitto hanno determinato quindi un balzo delle quotazioni mondiali al Chicago Board of Trade, punto di riferimento per le materie prime agricole.

Un’emergenza mondiale che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia peraltro che l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20% ma garantisce anche il 5% dell’import nazionale di grano. L’aumento di mais e soia sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili.

«La guerra sta innescando un nuovo cortocircuito sul settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities – hanno commentato il presidente di Coldiretti Novara-Vco Sara Baudo e il direttore Francesca Toscani – Nell’ultimo decennio, in Italia, è scomparso un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché molte industrie, per miopia, hanno preferito continuare ad acquistare per anni, in modo speculativo, sul mercato mondiale anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti».

«Proprio per contrastare questo scenario – rimarcano Baudo e Toscani – in Piemonte abbiamo creato il progetto di filiera, Grano Piemonte, lanciato insieme al Consorzio Agrario del Nord Ovest, tramite il quale sono già stati seminati oltre 6 mila e 500 ettari, per valorizzare proprio l’oro giallo ed ottenere prodotti da forno veramente prepararti con la farina del territorio per rispondere anche alle esigenze dei consumatori che sono sempre più attenti alla provenienza degli ingredienti. Nell’immediato occorre quindi garantire la sostenibilità finanziaria delle stalle affinché i prezzi riconosciuti agli allevatori non scendano sotto i costi di produzioni come previsto dalla nuova normativa sulle pratiche sleali», hanno poi concluso.

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Occorre Incentivare percorsi di filiera territoriali per far fronte a questa emergenza

La guerra, con le conseguenti sospensioni delle spedizioni commerciali, fa volare il prezzo del grano e degli altri prodotti agricoli. Secondo l'analisi di Coldiretti, infatti, un terzo del commercio mondiale di grano (29%), il 19% delle forniture globali di mais per l'allevamento animale e l'80% delle esportazioni di olio da girasole, provengono dai porti sul mar Nero dell'Ucraina e dalla Russia che al momento hanno bloccato le loro esportazioni. Gli effetti economici del conflitto hanno determinato quindi un balzo delle quotazioni mondiali al Chicago Board of Trade, punto di riferimento per le materie prime agricole.

Un'emergenza mondiale che riguarda direttamente l'Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l'alimentazione del bestiame, secondo l'analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia peraltro che l'Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20% ma garantisce anche il 5% dell'import nazionale di grano. L'aumento di mais e soia sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l'alimentazione del bestiame (+40%) e dell'energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili.

«La guerra sta innescando un nuovo cortocircuito sul settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l'Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities - hanno commentato il presidente di Coldiretti Novara-Vco Sara Baudo e il direttore Francesca Toscani - Nell'ultimo decennio, in Italia, è scomparso un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché molte industrie, per miopia, hanno preferito continuare ad acquistare per anni, in modo speculativo, sul mercato mondiale anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti».

«Proprio per contrastare questo scenario – rimarcano Baudo e Toscani - in Piemonte abbiamo creato il progetto di filiera, Grano Piemonte, lanciato insieme al Consorzio Agrario del Nord Ovest, tramite il quale sono già stati seminati oltre 6 mila e 500 ettari, per valorizzare proprio l'oro giallo ed ottenere prodotti da forno veramente prepararti con la farina del territorio per rispondere anche alle esigenze dei consumatori che sono sempre più attenti alla provenienza degli ingredienti. Nell'immediato occorre quindi garantire la sostenibilità finanziaria delle stalle affinché i prezzi riconosciuti agli allevatori non scendano sotto i costi di produzioni come previsto dalla nuova normativa sulle pratiche sleali», hanno poi concluso.

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