Dopo la morte di mia madre, poco per volta, ho svuotato la sua cucina. Il luogo di casa che più era suo. Fra le altre cose, un po’ di chili di spezie: anni di regali, di acquisti compulsivi, di souvenir di viaggio… perché ne avesse così tante non lo so: non mi ricordo i suoi piatti come speziati. Sì, un po’ di peperoncino a tavola; noce moscata sulla zuppa pavese; stecca di vaniglia nel gelato casalingo o nei dolci… ma cosa se ne facesse della curcuma, del cardamomo, del curry, del cosadiavolosarà… non lo saprei.
Tutte queste spezie, tranne rare eccezioni troppo misteriose, sono transitate nella mia cucina ed io, figlio della parsimonia di mamma, le sto usando. A caso. Un po’ di curcuma nel riso, magari del cardamomo; il sugo della pasta aromatizzato; le uova al tegamino dai colori strani; il tè aromatizzato… A volte si tratta di risultati piacevoli, a volte strani, a volte meglio lasciar perdere…
A volte mi chiedo se sia un’esplorazione gastronomica o una lenta elaborazione del lutto. Ci impiegherò degli anni, comunque.