Picchiarono un connazionale con una mazza da baseball, due pakistani alla sbarra

L'episodio è avvenuto lo scorso 14 settembre in piazza Garibaldi

Giudizio immediato perché «la prova è evidente». Arrestati a novembre per un violento episodio di prevaricazione nei confronti di un connazionale, che era stato minacciato e picchiato con mazze da baseball per ottenere pochi spiccioli e il cellulare, due cittadini pakistani di 31 e 28 anni da tempo abitanti a Novara sono comparsi in tribunale per concorso in tentata estorsione, rapina e lesioni personali ai danni di un trentacinquenne originario dello stesso paese.

Un episodio particolarmente brutale quello all’esame del giudice. Un episodio riassunto in aula dalla vittima che ancora oggi vive nella paura: «Sono dovuto scappare all’estero con la mia famiglia e mia moglie e i miei figli non sono più voluti tornare a Novara». Era avvenuto lo scorso 14 settembre in piazza Garibaldi, sotto gli occhi di numerosi testimoni. Quel giorno A.U., la vittima, era seduta ai tavolini del bar sotto i portici della stazione, come sempre affollati, in compagnia di un amico. A un certo punto si era avvicinato un connazionale che improvvisamente aveva preso il cellulare appoggiato al tavolino. Erano state chieste spiegazioni: «Stai zitto, se non mi dai il telefono e i soldi ti ammazzo», la risposta. A.U. aveva cercato di reagire, inutilmente. Il suo aggressore aveva fatto una telefonata e in men che non si dica erano arrivati altri due pakistani, uno armato di mazza da baseball. Poi il pestaggio: Z.M., 28 anni, secondo la ricostruzione offerta dalla polizia all’autorità giudiziaria, aveva usato il bastone; M.I. aveva invece sferrato calci, pugni, schiaffi in varie parti del corpo. La vittima, mentre cercava inutilmente di ripararsi dalle mazzate, aveva sentito frasi come: «Colpitelo più forte, dovete ammazzarlo». Il violento pestaggio era durato qualche istante, poi gli aggressori erano scappati perché avevano intuito che qualcuno dei presenti aveva chiamato le forze dell’ordine.

Grazie ad alcune testimonianze e alla visione dei filmati, la Squadra Mobile aveva raccolto elementi per identificare due dei rapinatori. Un terzo non è ancora stato identificato. Ancora ignoto il movente del pestaggio: un amico della vittima ha avanzato in aula possibili problematiche fra connazionali per il lavoro.

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Picchiarono un connazionale con una mazza da baseball, due pakistani alla sbarra

L’episodio è avvenuto lo scorso 14 settembre in piazza Garibaldi

Giudizio immediato perché «la prova è evidente». Arrestati a novembre per un violento episodio di prevaricazione nei confronti di un connazionale, che era stato minacciato e picchiato con mazze da baseball per ottenere pochi spiccioli e il cellulare, due cittadini pakistani di 31 e 28 anni da tempo abitanti a Novara sono comparsi in tribunale per concorso in tentata estorsione, rapina e lesioni personali ai danni di un trentacinquenne originario dello stesso paese.

Un episodio particolarmente brutale quello all’esame del giudice. Un episodio riassunto in aula dalla vittima che ancora oggi vive nella paura: «Sono dovuto scappare all’estero con la mia famiglia e mia moglie e i miei figli non sono più voluti tornare a Novara». Era avvenuto lo scorso 14 settembre in piazza Garibaldi, sotto gli occhi di numerosi testimoni. Quel giorno A.U., la vittima, era seduta ai tavolini del bar sotto i portici della stazione, come sempre affollati, in compagnia di un amico. A un certo punto si era avvicinato un connazionale che improvvisamente aveva preso il cellulare appoggiato al tavolino. Erano state chieste spiegazioni: «Stai zitto, se non mi dai il telefono e i soldi ti ammazzo», la risposta. A.U. aveva cercato di reagire, inutilmente. Il suo aggressore aveva fatto una telefonata e in men che non si dica erano arrivati altri due pakistani, uno armato di mazza da baseball. Poi il pestaggio: Z.M., 28 anni, secondo la ricostruzione offerta dalla polizia all’autorità giudiziaria, aveva usato il bastone; M.I. aveva invece sferrato calci, pugni, schiaffi in varie parti del corpo. La vittima, mentre cercava inutilmente di ripararsi dalle mazzate, aveva sentito frasi come: «Colpitelo più forte, dovete ammazzarlo». Il violento pestaggio era durato qualche istante, poi gli aggressori erano scappati perché avevano intuito che qualcuno dei presenti aveva chiamato le forze dell’ordine.

Grazie ad alcune testimonianze e alla visione dei filmati, la Squadra Mobile aveva raccolto elementi per identificare due dei rapinatori. Un terzo non è ancora stato identificato. Ancora ignoto il movente del pestaggio: un amico della vittima ha avanzato in aula possibili problematiche fra connazionali per il lavoro.

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