Sedici anni e 8 mesi di reclusione, come chiesto dal pubblico ministero Giovanni Castellani: è la pena inflitta dal gup di Novara Roberta Gentile, nel pomeriggio, al 63enne Lorenzo Rivani, in carcere per aver ucciso il vicino di casa Caf Nikaj, domestico di un pensionato residente nel rione di Santa Rita a Novara.
Processato con giudizio abbreviato, ha beneficiato dello sconto di un terzo previsto per il rito alternativo e di un ulteriore sconto per la seminfermità, dal momento che in fase di indagine un perito nominato dal tribunale l’ha dichiarato parzialmente incapace di intendere e volere al momento dei fatti perché affetto da un «disturbo delirante di tipo persecutorio».
I famigliari della vittima, moglie e figli, parti civili con l’avvocato Giuliano Prelli, hanno ottenuto una provvisionale di 50 mila euro ciascuno, ma il risarcimento complessivo dei danni è stato demandato al giudice civile. Il difensore dell’imputato, l’avvocato Fabrizio Cardinali, aveva chiesto il minimo della pena con tutte le attenuanti del caso, tenuto conto in particolare che se il suo assistito non fosse stato affetto dal vizio parziale di mente probabilmente non sarebbe andato in giro armato di coltello. Scontato l’appello
Al centro del processo il delitto avvenuto per strada il 17 luglio 2021. A conclusione delle indagini, condotte dalla polizia, è stato accertato che il giorno dei fatti vittima e assassino si sono incrociati in via Valsesia, vicino al loro condominio dove abitano entrambi. Caf è stato colpito due volte con un grosso coltello, alla panca e nella zona lombare. Due fendenti violenti e particolarmente profondi che non gli hanno lasciato via di scampo: è morto in ospedale. A fare da movente dell’accoltellamento, secondo quanto sostenuto dallo stesso aggressore nel suo interrogatorio, un rapporto di vicinato teso da qualche tempo. In pratica, in precedenza l’imputato aveva denunciato due furti avvenuti nel suo appartamento e aveva indicato alla polizia, come possibile sospetto, un parente dell’albanese che vedeva sempre davanti al palazzo. Siccome la famiglia dell’albanese, scoperta la circostanza, lo guardava spesso con aria minacciosa, aveva deciso di girare armato di coltello, a suo dire solo a scopo di difesa.