Stalking a una giovane nei bar della movida: condannato 31enne

Condannato in tribunale a 2 anni e 2 mesi di reclusione. Oltre all’accusa di atti persecutori, l’uomo era a giudizio anche per minacce nei confronti del padre della ragazza

Aveva adocchiato la ragazzina davanti a uno dei bar della movida, in centro città. Lei, studentessa poco più che maggiorenne di una famiglia della Novara bene, era lì con alcune amiche. L’uomo continuava a fissarla, insistentemente. Poi si era avvicinato ed era stato inutile il tentativo di allontanarsi. Anzi, quando lui se ne era accorto, l’aveva minacciata: «Sei tu che ho visto al cimitero». Era il novembre del 2019. Solo il primo di altri tentativi di avvicinamento che il trentenne aveva fatto. Ne erano seguiti altri almeno fino ai primi mesi del 2020, quando i famigliari della ragazza, esasperati, si erano rivolti alle forze dell’ordine.

Il molestatore è stato quindi denunciato per stalking ed è questa l’accusa per cui ora E.M., 31 anni, di origine albanese, è stato condannato in tribunale a 2 anni e 2 mesi di reclusione. Oltre all’accusa di atti persecutori, l’uomo era a giudizio anche per minacce nei confronti del padre della ragazza, cui lei aveva telefonato in una delle occasioni in cui lo sconosciuto la pedinava, per chiedere aiuto. La famiglia della vittima, costituitasi a giudizio, ha ottenuto una provvisionale di risarcimento per 2 mila euro, con danno che sarà liquidato interamente in sede civile. Aveva invece chiesto l’assoluzione il difensore dell’imputato: il trentenne si era difeso parlando di incontri del tutto casuali, senza alcuna volontà di pedinare la ragazza.

Proprio il padre della vittima ha testimoniato in aula: «Mia figlia mi ha raccontato che lui aveva tentato l’approccio e lei lo aveva respinto. Le era stato consigliato di non frequentare più i soliti bar. Ma se l’è trovato vicino anche in altre occasioni: una volta le è sfrecciato accanto in auto a tutta velocità, un’altra le ha spento una sigaretta sul giubbotto. Si è anche accorta di essere inseguita fin sotto casa». Nell’occasione in cui la ragazzina aveva chiamato il padre, sempre in centro davanti alle Poste, l’imputato avrebbe cercato di travolgerlo in auto e lo avrebbe minacciato: «Ti ammazzo». Ha confermato le moleste una delle amiche che erano al bar con la ragazzina la prima sera in cui ha incrociato lo sconosciuto.

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Condannato in tribunale a 2 anni e 2 mesi di reclusione. Oltre all’accusa di atti persecutori, l’uomo era a giudizio anche per minacce nei confronti del padre della ragazza

Aveva adocchiato la ragazzina davanti a uno dei bar della movida, in centro città. Lei, studentessa poco più che maggiorenne di una famiglia della Novara bene, era lì con alcune amiche. L’uomo continuava a fissarla, insistentemente. Poi si era avvicinato ed era stato inutile il tentativo di allontanarsi. Anzi, quando lui se ne era accorto, l’aveva minacciata: «Sei tu che ho visto al cimitero». Era il novembre del 2019. Solo il primo di altri tentativi di avvicinamento che il trentenne aveva fatto. Ne erano seguiti altri almeno fino ai primi mesi del 2020, quando i famigliari della ragazza, esasperati, si erano rivolti alle forze dell’ordine.

Il molestatore è stato quindi denunciato per stalking ed è questa l’accusa per cui ora E.M., 31 anni, di origine albanese, è stato condannato in tribunale a 2 anni e 2 mesi di reclusione. Oltre all’accusa di atti persecutori, l’uomo era a giudizio anche per minacce nei confronti del padre della ragazza, cui lei aveva telefonato in una delle occasioni in cui lo sconosciuto la pedinava, per chiedere aiuto. La famiglia della vittima, costituitasi a giudizio, ha ottenuto una provvisionale di risarcimento per 2 mila euro, con danno che sarà liquidato interamente in sede civile. Aveva invece chiesto l’assoluzione il difensore dell’imputato: il trentenne si era difeso parlando di incontri del tutto casuali, senza alcuna volontà di pedinare la ragazza.

Proprio il padre della vittima ha testimoniato in aula: «Mia figlia mi ha raccontato che lui aveva tentato l’approccio e lei lo aveva respinto. Le era stato consigliato di non frequentare più i soliti bar. Ma se l’è trovato vicino anche in altre occasioni: una volta le è sfrecciato accanto in auto a tutta velocità, un’altra le ha spento una sigaretta sul giubbotto. Si è anche accorta di essere inseguita fin sotto casa». Nell’occasione in cui la ragazzina aveva chiamato il padre, sempre in centro davanti alle Poste, l’imputato avrebbe cercato di travolgerlo in auto e lo avrebbe minacciato: «Ti ammazzo». Ha confermato le moleste una delle amiche che erano al bar con la ragazzina la prima sera in cui ha incrociato lo sconosciuto.

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