Rimase stupita da quei messaggi, tanti, insistenti. Il giovane, che diceva di essere suo figlio, continuava a scriverle facendole domande imbarazzanti, a sfondo sessuale, e chiedendole di rispondergli con «cose eccitanti». Lei ne parlò col compagno e da lì la decisione di rivolgersi ai Carabinieri. Poi la scoperta che dietro quel numero di telefono, veramente appartenente al figlio, si nascondeva in realtà un’altra persona peraltro già nota alle forze dell’ordine.
La denuncia di una cinquantacinquenne residente a Borgomanero, risalente al settembre 2018, ha alla condanna a 2 mesi di reclusione per L.M., 34 anni, domiciliato in Sardegna, processato per sostituzione di persona. L’uomo è stata assolto invece dall’accusa di molestie o disturbo delle persone, non essendo emersa prova certa della petulanza e del fastidio procurato dai messaggi, ai quali era stato anche in parte risposto.
Nessuno è riuscito a capire come il trentaquattrenne fosse venuto in possesso del cellulare, che in precedenza era stato rubato al figlio della vittima. Il primo contatto il 1° settembre 2018. La donna, che raramente parlava col figlio (i rapporti si erano incrinati), aveva sgranato gli occhi: «Mamma, ti è cresciuto il seno?». Solo la prima di una serie di domande imbarazzanti: «Hai fatto sesso di recente? Da quanto non lo fai?», e ancora: «Quanto durano i tuoi rapporti intimi?», «Lo fai col tuo compagno?». Lei non voleva credere che il figlio potesse chiedere cose così personali, di punto in bianco. Soprattutto l’ultima: «Dimmi cose eccitanti, così mi aiuti nell’autoerotismo». Ne ha parlato quindi col compagno e, dopo le indagini, aveva scoperto che qualcun altro aveva usato il telefonino facendo finta di essere suo figlio, così da carpire informazioni riservate.
Fra l’altro l’imputato non è nuovo a vicende a sfondo sessuale: in Sardegna è sotto processo per aver segregato in casa per 49 giorni una donna conosciuta sui social, e averla abusata più volte dopo averla intontita con sonniferi nel cappuccino.