Novara Jazz 2023 sorprende ancora: dalla musica per gli occhi alla sana follia

La rassegna è stata inaugurata il 1 giugno con la mostra fotografica di Luciano Rossetti e due concerti a Nòva

È noto che il jazz sia un genere musicale molto visivo e che il binomio jazz-fotografia sia quasi un’associazione mentale automatica e, non credo sia un caso, che la 20esima edizione di Novara Jazz si apra con una mostra fotografica, quella di Luciano Rossetti, storico commentatore per immagini del festival novarese, che si intitola “Vent’anni di Novara Jazz” e che è ospitata, sino al termine del festival, presso il Broletto Café nel cortile dell’omonimo complesso monumentale. Le immagini, naturalmente in b/n come si conviene a quasi tutta la fotografia del jazz, e non chiedete il perché tanto nessuno vi saprà dare una risposta convincente, sono di quelle che non passano inosservate come quella di Alexander Hawkins gioiosamente ritratto davanti al pianoforte in Casa Bossi a Novara o quella del memorabile solo di Peter Evans nella Basilica di San Gaudenzio: non per nulla Rossetti vinse nel 2021 il Jazz Journalism Association Award.

La musica si accende alle 21 a Nòva per il raffinatissimo concerto dei “Satoyama”, un jazz che potremmo definire d’ambiente, ma nel senso pieno della parola, poiché il gruppo guidato da Luca Benedetto (tromba e tastiera) ha davvero un occhio speciale per l’ambiente, tanto che a fine concerto, dopo aver fatto salmodiare all’unisono un pubblico attento e partecipe, ha donato loro un seme di un albero da piantare (e possibilmente far crescere). E la musica? Immaginifica e onirica, di colore blu oltremare, elemento importante per il gruppo, placenta, luogo simbolico e fisico. Sonorità che si trasformano in qualcosa che non erano e che diventano qualcosa che potrebbero essere stato. Una gamma multiforme di suoni e di colori che creano un campo di concentrazione magnetica tra chi suona e chi ascolta.

«Non sarà la bellezza a salvare il mondo, ma dovremmo essere noi a salvare la bellezza» dice in chiusura Luca Benedetto e sono parole in perfetta consonanza con la loro musica. Gruppo notevolissimo composto, oltre che da Benedetto, anche da Christian Russano (chitarra ed elettronica), Marco Belfiore (contrabbasso ed elettronica), Gabriele Luttino (batteria, glokenspiel ed elettronica).

Altro registro per Caterina Palazzi e Sudoku Killer nel secondo concerto della serata, sempre a Nòva. Discorso musicale ispirato ad alcune singolari patologie psichiatriche, che sembra voler colpire allo stomaco l’ascoltatore, ma in realtà si tratta di un jazz molto sofisticato con significative origini di rock energetico, con un tocco di (sana) follia. Il sax tenore di Sergio Pomante, la batteria di Maurizio Chiavaro, la chitarra di Giacomo Ancillotto e il magnifico contrabbasso di Caterina Palazzo, leader del gruppo, declinano la follia paranoide in una godibilissima sessione di jazz duro e scarno, acido e livido, ma di diamantina purezza. Al termine consueta jam session della Scuola Dedalo. In questi casi si dice che il festival comincia sotto i migliori auspici…

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Novara Jazz 2023 sorprende ancora: dalla musica per gli occhi alla sana follia

La rassegna è stata inaugurata il 1 giugno con la mostra fotografica di Luciano Rossetti e due concerti a Nòva

È noto che il jazz sia un genere musicale molto visivo e che il binomio jazz-fotografia sia quasi un’associazione mentale automatica e, non credo sia un caso, che la 20esima edizione di Novara Jazz si apra con una mostra fotografica, quella di Luciano Rossetti, storico commentatore per immagini del festival novarese, che si intitola “Vent’anni di Novara Jazz” e che è ospitata, sino al termine del festival, presso il Broletto Café nel cortile dell’omonimo complesso monumentale. Le immagini, naturalmente in b/n come si conviene a quasi tutta la fotografia del jazz, e non chiedete il perché tanto nessuno vi saprà dare una risposta convincente, sono di quelle che non passano inosservate come quella di Alexander Hawkins gioiosamente ritratto davanti al pianoforte in Casa Bossi a Novara o quella del memorabile solo di Peter Evans nella Basilica di San Gaudenzio: non per nulla Rossetti vinse nel 2021 il Jazz Journalism Association Award.

La musica si accende alle 21 a Nòva per il raffinatissimo concerto dei “Satoyama”, un jazz che potremmo definire d’ambiente, ma nel senso pieno della parola, poiché il gruppo guidato da Luca Benedetto (tromba e tastiera) ha davvero un occhio speciale per l’ambiente, tanto che a fine concerto, dopo aver fatto salmodiare all’unisono un pubblico attento e partecipe, ha donato loro un seme di un albero da piantare (e possibilmente far crescere). E la musica? Immaginifica e onirica, di colore blu oltremare, elemento importante per il gruppo, placenta, luogo simbolico e fisico. Sonorità che si trasformano in qualcosa che non erano e che diventano qualcosa che potrebbero essere stato. Una gamma multiforme di suoni e di colori che creano un campo di concentrazione magnetica tra chi suona e chi ascolta.

«Non sarà la bellezza a salvare il mondo, ma dovremmo essere noi a salvare la bellezza» dice in chiusura Luca Benedetto e sono parole in perfetta consonanza con la loro musica. Gruppo notevolissimo composto, oltre che da Benedetto, anche da Christian Russano (chitarra ed elettronica), Marco Belfiore (contrabbasso ed elettronica), Gabriele Luttino (batteria, glokenspiel ed elettronica).

Altro registro per Caterina Palazzi e Sudoku Killer nel secondo concerto della serata, sempre a Nòva. Discorso musicale ispirato ad alcune singolari patologie psichiatriche, che sembra voler colpire allo stomaco l’ascoltatore, ma in realtà si tratta di un jazz molto sofisticato con significative origini di rock energetico, con un tocco di (sana) follia. Il sax tenore di Sergio Pomante, la batteria di Maurizio Chiavaro, la chitarra di Giacomo Ancillotto e il magnifico contrabbasso di Caterina Palazzo, leader del gruppo, declinano la follia paranoide in una godibilissima sessione di jazz duro e scarno, acido e livido, ma di diamantina purezza. Al termine consueta jam session della Scuola Dedalo. In questi casi si dice che il festival comincia sotto i migliori auspici…

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