Anteprima del Festival Arona Città Teatro sull’acqua affidata a Lucio Fontana

“Lucio Fontana Project” dal 30 agosto al 3 settembre negli spazi del Circo Clap di via Fratelli Bandiera

Mentre il “lagoscenico” di Arona si prepara a essere ancora una volta palco della produzione sull’acqua “Caro Pier Paolo” firmata da NoGravity e ispirata dall’omonimo libro di Dacia Maraini, il Festival teatro sull’acqua si appresta ad aprire l’edizione 2023 con un’anteprima che permette di immergersi nella dimensione artistica di NoGravity e di sperimentarla da vicino.

“Lucio Fontana Project” dal 30 agosto al 3 settembre alle 21 negli spazi del Circo Clap di via Fratelli Bandiera 17 entra nei tagli di Fontana e supera confini di spazio e di tempo grazie a Emiliano Pellisari e Mariana Porceddu.

Le premesse

Le basi del Movimento Spaziale vengono poste nel Manifiesto Blanco che Lucio Fontana stila insieme ad altri artisti nel 1946 a Buenos Aires. La nuova tendenza artistica auspica un’arte integrale che rifiuti l’immagine naturalistica e si serva di luce, suono, vuoto spaziale. All’arte viene richiesto un cambiamento nell’essenza e nella forma. Per il superamento della pittura, della scultura, della poesia e della musica, è necessaria un’arte maggiore in accordo con le esigenze dello spirito nuovo. L’artista depone i pennelli per maneggiare lame di rasoio, coltelli e seghe. Nasce una nuova estetica fatta di forme luminose negli spazi. Movimento, colore, tempo e spazio sono i concetti chiave della nuova arte.

La performance prende le mosse dal taglio. La “fase dei Tagli” (1958-1968) rappresenta il momento apicale della produzione di Fontana. In questo periodo l’obiettivo dell’artista diviene oltrepassare la superficie della tela di supporto. Il distacco dalla vecchia arte e l’avanzamento verso l’arte nuova creano un continuum tra Spazio (la tela tagliata) e Tempo (il gesto istantaneo del taglio). Si giunge all’arte spaziale mediante il gesto del suo artefice. L’artista poliedrico media la lezione del Barocco, in cui le figure sembrano abbandonare il

piano di supporto per proseguire al di fuori di esso, nello spazio circostante. La continuità nello spazio costituisce una delle componenti fondamentali che permeano l’Arte nel corso del Novecento, dal Futurismo fino al termine del secolo. La stessa ambizione a realizzare un’opera d’arte totale e onnicomprensiva è avvertita da più menti di diversa provenienza artistica , dunque rinvenire questi elementi in una performance, il dispositivo che più di ogni altro è in grado di restituire il senso del gesto dell’autore. Il taglio non è altro che un atto performativo: incidendo la tela se ne frantuma l’illusorietà di natura di supporto e si trasforma l’opera in materia. Non più piano bidimensionale, ma struttura tridimensionale.

La genesi del lavoro

Lo stile di Pellisari è strettamente legato agli studi sul teatro greco e rinascimentale e alle invenzioni meccaniche del diciassettesimo secolo. In molti dei suoi lavori il regista-coreografo si rifà al teatro delle meraviglie del Gran Barocco italiano. Ma le ragioni che si celano dietro la genesi di quest’ultimo studio rispondono a sollecitazioni di origine diversa. Ciò a cui il regista ambisce sono sempre movimento, tempo e ritmo; questa volta a partire dall’opera del pittore, scultore e ceramista che inventò lo Spazialismo.

«Fontana ha capito che solo sul confine si può trovare lo sguardo verso il tutto, i suoi tagli rappresentano delle possibili aperture verso l’altrove, verso una terza dimensione oltre i limiti imposti dalla piattezza del quadro. Il mio lavoro è riaprire il taglio, rimettere in moto le cose seguendo un tempo, quel ritmo sonoro che ci incanta da sempre attraverso il movimento che diventa necessario per percepire il senso del tempo. L’emozione di uno spazio in movimento ci conduce verso ciò che noi chiamiamo arte-nel-tempo, ovvero la nuova arte di Fontana» ha spiegato Emiliano Pellisari.

La performance

Lo studio è articolato in due momenti intervallati da uno stacco di buio, silenzio e vuoto spaziale. Obiettivo della ricerca è affinare un linguaggio corporeo sui contenuti di Fontana e sulle influenze cui lui stesso fu soggetto. Se per sviluppare un linguaggio è necessario partire da una grammatica, ecco che il primo momento performativo prende il nome di Opera Grammaticale n. 1, Grammatica del corpo. In questa prima fase del lavoro Emiliano Pellisari riapre letteralmente i tagli chiusi sulle tele distese. Lentamente da quell’Oltre così evocato emerge un corpo. È il corpo di Mariana Porceddu, un corpo nudo che si sposta nello spazio in tutta la sua tridimensionalità. Davanti e dietro ai teli bianchi, sopra, sotto, dentro e fuori. Una breve interruzione sancisce il passaggio alla messa in atto delle potenzialità appena sperimentate dal corpo. L’armonia della danza, i giochi di luci, la musica tornano quindi a intrecciarsi in modo sognante nell’Opera grammaticale n. 2, grammatica dello spazio, che costituisce il secondo momento del lavoro. L’artista è il servo di scena e, interamente vestito in nero, tenta di cancellarsi per lasciare spazio all’incanto visionario della sua creazione. Sottopone a stimoli continui la sua opera, incarnata dalla ballerina ora vestita in bianco. L’artefice cerca continuamente di svelarla per farla emergere. La scova, la cerca, la trova. La sua opera gli sfugge dalle mani, reagisce alle sue sollecitazioni: muta costantemente. Mariana Porceddu torna puntualmente a celarsi dietro i teli ora illuminati di rosso.

Al termine della performance, la coppia nel lavoro e nella vita si siede a bordo palco. Il dibattito finale con il pubblico è di vitale importanza allo stadio embrionale di uno studio di performance. Le prime curiosità del pubblico riguardano lo spazio, il dispositivo di scena. I teli sono tesi sul palco, dove agiscono i due artisti. Sopra di loro, inclinato verso il pubblico, un enorme specchio copre quasi interamente le dimensioni del palcoscenico. L’impalcatura riflette i loro movimenti, restituisce allo spettatore inebriato di immagini, gesti, colori, un piano uguale e allo stesso tempo altro rispetto a quello in cui si svolge l’azione. Risuona l’eco delle parole di Fontana: «Allo spazio viene data un’accezione anche fisica, non solo di trompe-l’oeil pittorico, ma di superficie attraversata dalla luce, costruita con la luce stessa». Il trompe-l’oeil a cui assistiamo in questo caso lo vediamo inclinato davanti ai nostri occhi: fino a quando non si percepisce l’inganno, i due corpi sembrano spostarsi e aleggiare sospesi nel vuoto.

L’accompagnamento musicale, eseguito interamente dal vivo dalla prestigiosa cantante lirica di fama internazionale Silvia Colombini, su tappeto sonoro contemporaneo ideato dalla coreografa Mariana Porceddu, seguirà la grammatica della performance strutturando e ritmando il movimento con punti, linee e superfici sonore.

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“Lucio Fontana Project” dal 30 agosto al 3 settembre negli spazi del Circo Clap di via Fratelli Bandiera

Mentre il "lagoscenico" di Arona si prepara a essere ancora una volta palco della produzione sull’acqua “Caro Pier Paolo” firmata da NoGravity e ispirata dall’omonimo libro di Dacia Maraini, il Festival teatro sull’acqua si appresta ad aprire l’edizione 2023 con un’anteprima che permette di immergersi nella dimensione artistica di NoGravity e di sperimentarla da vicino.

“Lucio Fontana Project” dal 30 agosto al 3 settembre alle 21 negli spazi del Circo Clap di via Fratelli Bandiera 17 entra nei tagli di Fontana e supera confini di spazio e di tempo grazie a Emiliano Pellisari e Mariana Porceddu.

Le premesse

Le basi del Movimento Spaziale vengono poste nel Manifiesto Blanco che Lucio Fontana stila insieme ad altri artisti nel 1946 a Buenos Aires. La nuova tendenza artistica auspica un’arte integrale che rifiuti l’immagine naturalistica e si serva di luce, suono, vuoto spaziale. All’arte viene richiesto un cambiamento nell’essenza e nella forma. Per il superamento della pittura, della scultura, della poesia e della musica, è necessaria un’arte maggiore in accordo con le esigenze dello spirito nuovo. L’artista depone i pennelli per maneggiare lame di rasoio, coltelli e seghe. Nasce una nuova estetica fatta di forme luminose negli spazi. Movimento, colore, tempo e spazio sono i concetti chiave della nuova arte.

La performance prende le mosse dal taglio. La “fase dei Tagli” (1958-1968) rappresenta il momento apicale della produzione di Fontana. In questo periodo l’obiettivo dell’artista diviene oltrepassare la superficie della tela di supporto. Il distacco dalla vecchia arte e l’avanzamento verso l’arte nuova creano un continuum tra Spazio (la tela tagliata) e Tempo (il gesto istantaneo del taglio). Si giunge all’arte spaziale mediante il gesto del suo artefice. L’artista poliedrico media la lezione del Barocco, in cui le figure sembrano abbandonare il

piano di supporto per proseguire al di fuori di esso, nello spazio circostante. La continuità nello spazio costituisce una delle componenti fondamentali che permeano l’Arte nel corso del Novecento, dal Futurismo fino al termine del secolo. La stessa ambizione a realizzare un’opera d’arte totale e onnicomprensiva è avvertita da più menti di diversa provenienza artistica , dunque rinvenire questi elementi in una performance, il dispositivo che più di ogni altro è in grado di restituire il senso del gesto dell’autore. Il taglio non è altro che un atto performativo: incidendo la tela se ne frantuma l’illusorietà di natura di supporto e si trasforma l’opera in materia. Non più piano bidimensionale, ma struttura tridimensionale.

La genesi del lavoro

Lo stile di Pellisari è strettamente legato agli studi sul teatro greco e rinascimentale e alle invenzioni meccaniche del diciassettesimo secolo. In molti dei suoi lavori il regista-coreografo si rifà al teatro delle meraviglie del Gran Barocco italiano. Ma le ragioni che si celano dietro la genesi di quest’ultimo studio rispondono a sollecitazioni di origine diversa. Ciò a cui il regista ambisce sono sempre movimento, tempo e ritmo; questa volta a partire dall’opera del pittore, scultore e ceramista che inventò lo Spazialismo.

«Fontana ha capito che solo sul confine si può trovare lo sguardo verso il tutto, i suoi tagli rappresentano delle possibili aperture verso l’altrove, verso una terza dimensione oltre i limiti imposti dalla piattezza del quadro. Il mio lavoro è riaprire il taglio, rimettere in moto le cose seguendo un tempo, quel ritmo sonoro che ci incanta da sempre attraverso il movimento che diventa necessario per percepire il senso del tempo. L’emozione di uno spazio in movimento ci conduce verso ciò che noi chiamiamo arte-nel-tempo, ovvero la nuova arte di Fontana» ha spiegato Emiliano Pellisari.

La performance

Lo studio è articolato in due momenti intervallati da uno stacco di buio, silenzio e vuoto spaziale. Obiettivo della ricerca è affinare un linguaggio corporeo sui contenuti di Fontana e sulle influenze cui lui stesso fu soggetto. Se per sviluppare un linguaggio è necessario partire da una grammatica, ecco che il primo momento performativo prende il nome di Opera Grammaticale n. 1, Grammatica del corpo. In questa prima fase del lavoro Emiliano Pellisari riapre letteralmente i tagli chiusi sulle tele distese. Lentamente da quell’Oltre così evocato emerge un corpo. È il corpo di Mariana Porceddu, un corpo nudo che si sposta nello spazio in tutta la sua tridimensionalità. Davanti e dietro ai teli bianchi, sopra, sotto, dentro e fuori. Una breve interruzione sancisce il passaggio alla messa in atto delle potenzialità appena sperimentate dal corpo. L’armonia della danza, i giochi di luci, la musica tornano quindi a intrecciarsi in modo sognante nell’Opera grammaticale n. 2, grammatica dello spazio, che costituisce il secondo momento del lavoro. L’artista è il servo di scena e, interamente vestito in nero, tenta di cancellarsi per lasciare spazio all’incanto visionario della sua creazione. Sottopone a stimoli continui la sua opera, incarnata dalla ballerina ora vestita in bianco. L’artefice cerca continuamente di svelarla per farla emergere. La scova, la cerca, la trova. La sua opera gli sfugge dalle mani, reagisce alle sue sollecitazioni: muta costantemente. Mariana Porceddu torna puntualmente a celarsi dietro i teli ora illuminati di rosso.

Al termine della performance, la coppia nel lavoro e nella vita si siede a bordo palco. Il dibattito finale con il pubblico è di vitale importanza allo stadio embrionale di uno studio di performance. Le prime curiosità del pubblico riguardano lo spazio, il dispositivo di scena. I teli sono tesi sul palco, dove agiscono i due artisti. Sopra di loro, inclinato verso il pubblico, un enorme specchio copre quasi interamente le dimensioni del palcoscenico. L’impalcatura riflette i loro movimenti, restituisce allo spettatore inebriato di immagini, gesti, colori, un piano uguale e allo stesso tempo altro rispetto a quello in cui si svolge l’azione. Risuona l’eco delle parole di Fontana: «Allo spazio viene data un’accezione anche fisica, non solo di trompe-l’oeil pittorico, ma di superficie attraversata dalla luce, costruita con la luce stessa». Il trompe-l’oeil a cui assistiamo in questo caso lo vediamo inclinato davanti ai nostri occhi: fino a quando non si percepisce l’inganno, i due corpi sembrano spostarsi e aleggiare sospesi nel vuoto.

L’accompagnamento musicale, eseguito interamente dal vivo dalla prestigiosa cantante lirica di fama internazionale Silvia Colombini, su tappeto sonoro contemporaneo ideato dalla coreografa Mariana Porceddu, seguirà la grammatica della performance strutturando e ritmando il movimento con punti, linee e superfici sonore.

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