Il Caso Delmastro e la coerenza 

Si deve dimettere il sottosegretario alla Giustizia, parlamentare e avvocato biellese Andrea Delmastro, nei giorni scorsi rinviato a giudizio per «rivelazione di segreti d’ufficio»? 

Non ha nessun obbligo di legge: essere rinviati a giudizio non comporta il venire meno dell’onorabilità necessaria per ricoprire cariche di governo, neanche se venisse condannato in primo grado, neanche in appello, neanche se la sentenza venisse confermata dalla Cassazione.

Non esiste nessun obbligo e del resto difficilmente potrebbe subire, perché il reato non è fra quelli più gravi, l’interdizione dai pubblici uffici e anche quanto previsto dalla legge Severino solo dopo la sentenza di primo grado se è di una certa entità.

Quindi nessun obbligo legale e costituzionale di dimettersi, tanto meno per Meloni di allontanarlo dal Governo. 

Certo in passato, cioè solo un anno fa, quando un incidente succedeva a un sottosegretario del Pd o anche solo tecnico, Fratelli d’Italia, il partito di Meloni e di Del Mastro che era all’opposizione, chiedeva a gran voce le dimissioni del sottosegretario alla Giustizia come nel caso Zanetti.

È il gioco delle parti? Forse sì: avere o no il potere cambia, inevitabilmente, il modo di vedere le cose. Mettiamo pure, anzi glielo auguro e sarà così, che il sottosegretario Del Mastro sia innocente visto che anche il Pm non era molto convinto della necessità di farlo processare. 

Il suo comportamento sembra però inopportuno, legale finché si vuole, ma inopportuno rispetto a una linea politica del centrodestra e di Fdi da sempre volta a irrigidire, rendere più pesanti, essere più severi con pene per quei giudici e cancellieri che rivelano alla stampa particolari e dettagli di vicende giudiziarie quando ancora non c’è un processo pubblico, quando ancora sono in corso le indagini.

Da questo punto di vista il centrodestra ha sempre, direi perfino ossessivamente, cercato una maggiore privacy, riservatezza, segreto a tutela dei cittadini, quando non sono ancora indagati, quando sono solo indagati e non rinviati a giudizio, quando sono processati e non ancora condannati e questo anche a scapito della libertà di stampa e questo, anche giustamente, della tutela del buon nome e dell’onore di tutti i cittadini.

Tutto ciò va bene, ma allora lo scrupolo da parte di un sottosegretario alla Giustizia per evitare anche la più minima fuga di notizie, anche non voluta, avrebbe dovuto essere massimo proprio per evitare anche solo che si dica «fate come dicono ma non fate come fanno».

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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Si deve dimettere il sottosegretario alla Giustizia, parlamentare e avvocato biellese Andrea Delmastro, nei giorni scorsi rinviato a giudizio per «rivelazione di segreti d’ufficio»? 

Non ha nessun obbligo di legge: essere rinviati a giudizio non comporta il venire meno dell’onorabilità necessaria per ricoprire cariche di governo, neanche se venisse condannato in primo grado, neanche in appello, neanche se la sentenza venisse confermata dalla Cassazione.

Non esiste nessun obbligo e del resto difficilmente potrebbe subire, perché il reato non è fra quelli più gravi, l'interdizione dai pubblici uffici e anche quanto previsto dalla legge Severino solo dopo la sentenza di primo grado se è di una certa entità.

Quindi nessun obbligo legale e costituzionale di dimettersi, tanto meno per Meloni di allontanarlo dal Governo. 

Certo in passato, cioè solo un anno fa, quando un incidente succedeva a un sottosegretario del Pd o anche solo tecnico, Fratelli d’Italia, il partito di Meloni e di Del Mastro che era all’opposizione, chiedeva a gran voce le dimissioni del sottosegretario alla Giustizia come nel caso Zanetti.

È il gioco delle parti? Forse sì: avere o no il potere cambia, inevitabilmente, il modo di vedere le cose. Mettiamo pure, anzi glielo auguro e sarà così, che il sottosegretario Del Mastro sia innocente visto che anche il Pm non era molto convinto della necessità di farlo processare. 

Il suo comportamento sembra però inopportuno, legale finché si vuole, ma inopportuno rispetto a una linea politica del centrodestra e di Fdi da sempre volta a irrigidire, rendere più pesanti, essere più severi con pene per quei giudici e cancellieri che rivelano alla stampa particolari e dettagli di vicende giudiziarie quando ancora non c’è un processo pubblico, quando ancora sono in corso le indagini.

Da questo punto di vista il centrodestra ha sempre, direi perfino ossessivamente, cercato una maggiore privacy, riservatezza, segreto a tutela dei cittadini, quando non sono ancora indagati, quando sono solo indagati e non rinviati a giudizio, quando sono processati e non ancora condannati e questo anche a scapito della libertà di stampa e questo, anche giustamente, della tutela del buon nome e dell’onore di tutti i cittadini.

Tutto ciò va bene, ma allora lo scrupolo da parte di un sottosegretario alla Giustizia per evitare anche la più minima fuga di notizie, anche non voluta, avrebbe dovuto essere massimo proprio per evitare anche solo che si dica «fate come dicono ma non fate come fanno».

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