«Sei una cicciona» poi aggressioni e messaggi molesti: l’ex condannato per stalking

A processo l'ex fidanzato della vittima è stato condannato a 1 anno e mezzo di reclusione e un risarcimento di 2 mila euro

Una delle parole più usate dall’ex nei messaggi era: «Cicciona». Poi: «cellulite». E ancora tante frasi per denigrare le linee ritenute «abbondanti» della propria compagnia. Le inviava perfino fotografie di modelle, per farle notare la differenza fra lei e loro. Certamente un caso di «body shaming», per usare una terminologia moderna, quello passato nelle aule del tribunale al processo contro F.P., trentaseienne novarese residente in una frazione del capoluogo condannato a 1 anno e mezzo di reclusione per stalking. Dovrà anche risarcire i danni alla vittima, cui il giudice ha già affidato una provvisionale di risarcimento pari a 2 mila euro. Il difensore dell’imputato, invece, aveva chiesto l’assoluzione: presenterà appello.

Non solo botte, quelle raccontate dalla vittima, una donna trecatese di 34 anni, ma una violenza fatta di parole. Con l’imputato c’era stata una storia durata quasi dieci anni. Quando si erano lasciati, nel 2016, lui aveva iniziato a tempestarla di messaggi. Voleva tornare assieme alla donna ma al tempo stesso la prendeva in giro per il suo aspetto fisico. Lei testimoniando in tribunale: «Ho dovuto cambiare numero di telefono e le mie abitudini. In paese evitavo di uscire e frequentare luoghi pubblici, proprio per paura di incontrarlo. Ho ancora oggi ansia e attacchi di panico». Diceva spesso: «Cicciona».

Ma accanto alle offese non erano mancati episodi di aggressioni, dispetti, e molestie. Come quella del 19 giugno 2018, quando l’uomo, in base a quanto denunciato ai carabinieri, era andato sotto casa della ex e aveva infilato uno stuzzicadenti sul pulsante del campanello, che non smetteva più di suonare. Nell’agosto dello stesso anno, mentre lei era in piscina con un’amica, lui l’aveva raggiunta e le aveva chiesto di uscire per parlare. Poi, nel parcheggio, le aveva strappato di mano il cellulare lanciandolo per terra, spintonandola. Anche in precedenza, nel «tira e molla» della relazione, c’erano stati dei comportamenti violenti: una volta lui le aveva rotto il dito e la donna, andando in ospedale, aveva parlato di incidente domestico per paura di dire che era stato il compagno: «Altre volte non sono andata al pronto soccorso per evitare che mi chiedessero come mi fossi fatta male».

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A processo l’ex fidanzato della vittima è stato condannato a 1 anno e mezzo di reclusione e un risarcimento di 2 mila euro

Una delle parole più usate dall’ex nei messaggi era: «Cicciona». Poi: «cellulite». E ancora tante frasi per denigrare le linee ritenute «abbondanti» della propria compagnia. Le inviava perfino fotografie di modelle, per farle notare la differenza fra lei e loro. Certamente un caso di «body shaming», per usare una terminologia moderna, quello passato nelle aule del tribunale al processo contro F.P., trentaseienne novarese residente in una frazione del capoluogo condannato a 1 anno e mezzo di reclusione per stalking. Dovrà anche risarcire i danni alla vittima, cui il giudice ha già affidato una provvisionale di risarcimento pari a 2 mila euro. Il difensore dell’imputato, invece, aveva chiesto l’assoluzione: presenterà appello.

Non solo botte, quelle raccontate dalla vittima, una donna trecatese di 34 anni, ma una violenza fatta di parole. Con l’imputato c’era stata una storia durata quasi dieci anni. Quando si erano lasciati, nel 2016, lui aveva iniziato a tempestarla di messaggi. Voleva tornare assieme alla donna ma al tempo stesso la prendeva in giro per il suo aspetto fisico. Lei testimoniando in tribunale: «Ho dovuto cambiare numero di telefono e le mie abitudini. In paese evitavo di uscire e frequentare luoghi pubblici, proprio per paura di incontrarlo. Ho ancora oggi ansia e attacchi di panico». Diceva spesso: «Cicciona».

Ma accanto alle offese non erano mancati episodi di aggressioni, dispetti, e molestie. Come quella del 19 giugno 2018, quando l’uomo, in base a quanto denunciato ai carabinieri, era andato sotto casa della ex e aveva infilato uno stuzzicadenti sul pulsante del campanello, che non smetteva più di suonare. Nell’agosto dello stesso anno, mentre lei era in piscina con un’amica, lui l’aveva raggiunta e le aveva chiesto di uscire per parlare. Poi, nel parcheggio, le aveva strappato di mano il cellulare lanciandolo per terra, spintonandola. Anche in precedenza, nel «tira e molla» della relazione, c’erano stati dei comportamenti violenti: una volta lui le aveva rotto il dito e la donna, andando in ospedale, aveva parlato di incidente domestico per paura di dire che era stato il compagno: «Altre volte non sono andata al pronto soccorso per evitare che mi chiedessero come mi fossi fatta male».

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