«Vogliamo la pace in Ucraina, la guerra dura da 731 giorni»

Duomo gremito per la preghiera della pace. Padre Yuriy: «Non è un evento politico»

Se l’intento era quello di riaccendere l’attenzione su una situazione che sembra essere ormai passata in secondo piano, allora si può dire che sia stato raggiunto. Nel pomeriggio di ieri decine di persone ucraine, ma anche tanti italiani, hanno riempito il duomo di Novara (che così gremito non si vede nemmeno alla messa di Natale) per la celebrazione del 24 febbraio a due anni dall’inizio del conflitto.

«Un pomeriggio che non ha valore politico, ma ha il solo scopo di invocare la pace» ha ricordato padre Yuriy Ivanyuta, referente della comunità ucraina.

La cerimonia è stata presieduta dal vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla, insieme a padre Yuriy e ad altri due sacerdoti di rito cattolico bizantino «Mi ha commosso vedervi così tanti e seduti così vicini – ha detto il vescovo -. Gli italiani stanno distanti tra loro, si vede che siete un popolo unito. Dobbiamo pregare perchè qualcuno trovi il modo per fare la pace. Grazie per tutto quello che fate per la nostra comunità».

Prima delle poesie e delle canzoni eseguite dai bambini degli oratori di Novara e Borgomanero, Yuliia Kovalchuk, una profuga, ha portato la sua testimonianza: «Speravo di tornare a casa dopo due o tre settimane, invece al guerra dura da 731 giorni. I nostri uomini sono i nostri eroi che combattono per il nostro Paese».

All’uscita dal duomo, in piazza, sono state proiettati le immagini della guerra. «Questa è un’occasione per fare chiarezza e dire le cose come stanno – ha affermato il presidente della Provincia, Federico Binatti -. Gli italiani hanno dimostrato di avere un cuore grande e questo è un momento per ricordare che la guerra non è finita e che il popolo ucraino sta combattendo per la libertà di tutta Europa».

«Speravo non ci fosse un altro 24 febbraio – ha detto il comandante della Polizia, locale Paolo Cortese, in rappresentanza del Comune, che durante il periodo emergenziale è stato in prima linea per l’accoglienza dei profughi -. Più volte mi sono chiesto: se fosse successo in Italia? Siete uniti e coesi e e per questo non ci deve essere indifferenza. So la fatica che fate e avreste diritto a un sostegno anche più forte di quello di oggi».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Duomo gremito per la preghiera della pace. Padre Yuriy: «Non è un evento politico»

Se l'intento era quello di riaccendere l'attenzione su una situazione che sembra essere ormai passata in secondo piano, allora si può dire che sia stato raggiunto. Nel pomeriggio di ieri decine di persone ucraine, ma anche tanti italiani, hanno riempito il duomo di Novara (che così gremito non si vede nemmeno alla messa di Natale) per la celebrazione del 24 febbraio a due anni dall'inizio del conflitto.

«Un pomeriggio che non ha valore politico, ma ha il solo scopo di invocare la pace» ha ricordato padre Yuriy Ivanyuta, referente della comunità ucraina.

La cerimonia è stata presieduta dal vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla, insieme a padre Yuriy e ad altri due sacerdoti di rito cattolico bizantino «Mi ha commosso vedervi così tanti e seduti così vicini - ha detto il vescovo -. Gli italiani stanno distanti tra loro, si vede che siete un popolo unito. Dobbiamo pregare perchè qualcuno trovi il modo per fare la pace. Grazie per tutto quello che fate per la nostra comunità».

Prima delle poesie e delle canzoni eseguite dai bambini degli oratori di Novara e Borgomanero, Yuliia Kovalchuk, una profuga, ha portato la sua testimonianza: «Speravo di tornare a casa dopo due o tre settimane, invece al guerra dura da 731 giorni. I nostri uomini sono i nostri eroi che combattono per il nostro Paese».

All'uscita dal duomo, in piazza, sono state proiettati le immagini della guerra. «Questa è un'occasione per fare chiarezza e dire le cose come stanno - ha affermato il presidente della Provincia, Federico Binatti -. Gli italiani hanno dimostrato di avere un cuore grande e questo è un momento per ricordare che la guerra non è finita e che il popolo ucraino sta combattendo per la libertà di tutta Europa».

«Speravo non ci fosse un altro 24 febbraio - ha detto il comandante della Polizia, locale Paolo Cortese, in rappresentanza del Comune, che durante il periodo emergenziale è stato in prima linea per l'accoglienza dei profughi -. Più volte mi sono chiesto: se fosse successo in Italia? Siete uniti e coesi e e per questo non ci deve essere indifferenza. So la fatica che fate e avreste diritto a un sostegno anche più forte di quello di oggi».

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