Ahmadreza Djalali, condannato a morte per “spionaggio”, è stato escluso dallo scambio di detenuti tra Svezia e Iran del 15 giugno. A Teheran è tornato Hamid Nouri, condannato all’ergastolo per il ruolo avuto nel massacro delle carceri iraniane del 1988. In cambio, sono rientrati in Svezia il funzionario dell’Unione europea Johan Floderus e Saeed Azizi.
A riferirlo è Amnesty International Italia. «La Svezia, come altri stati europei, ha accettato che suoi cittadini venissero trattati come ostaggi dall’Iran – spiega il presidente Riccardo Noury -. Pare evidente che Floderus e Azizi fossero stati arrestati proprio per essere usati per il ritorno a casa di Hamid Nouri, che ieri appena atterrato a Teheran ha usato parole intrise di impunità, rendendo chiaro che la giustizia è stata la grande sconfitta in questa vicenda. è vergognoso che il governo svedese abbia lasciato indietro Ahmadreza Djalali, da sette anni con un cappio al collo: un’immagine che, da metaforica, rischia di diventare reale perché ormai l’Iran ha ottenuto ciò che voleva e Djalali non serve neanche più per negoziare contropartite».
Djalali, che era stato ricercatore del Crimedim, il Dipartimento di Medicina dei disastri dell’Upo, è in carcere in Iran dal 2016 ed è stato condannato a morte nell’ottobre 2017 per il reato di “corruzione sulla terra”, al termine di un processo profondamente iniquo celebrato dalla sezione 15 del Tribunale rivoluzionario di Teheran.