Siamo di fronte nel mondo a una crisi irreversibile dei sistemi presidenziali basati su una forte personalizzazione della scelta del capo dell’esecutivo da parte dei cittadini, senza mediazioni. Lo è nella patria del presidenzialismo, gli Usa, dove il confronto è ridotto fra un Biden di cui si mettono in dubbio la lucidità e la forza per guidare la massima potenza militare del mondo e un Trump che si sente al di sopra di ogni legge.
Lo è in Francia in cui il sempresidenzialismo ha dato a Macron la possibilità di sciogliere la camera nonostante il dissenso dei più e del suo stesso partito spaccando il Paese.
Lo è in Ucraina dove il presidente in carica Zelens’kyj, oggi, secondo i sondaggi, non avrebbe più il consenso della maggioranza della popolazione, ma la situazione di guerra in cui si trova il Paese impedisce di fatto nuove elezioni, forse nemmeno alla scadenza naturale, pur avendo i pieni poteri richiesti dalla legge marziale.
Il mondo è troppo complesso, difficile, variegato, popolato, per concentrare troppo potere in un’unica persona dipendendo dalle sue promesse, dalla sua salute e dai suoi stati d’animo.
I sistemi collegiali, parlamentari possono avere i loro limiti ma danno maggiori garanzie di contenere gli errori e distribuire le responsabilità.
Per questo è paradossale e insensato che proprio l’Italia voglia approdare, in ritardo, al Premierato elettivo mentre il presidenzialismo sta andando in grave crisi in tutto il mondo.