Per chi lavora a scuola il nuovo anno non incomincia a gennaio, ma a settembre, quando proprio non hai voglia di iniziare, e il pensiero va alle vacanze finite e alle spiagge vuote, alle giornate più corte e a quei buoni propositi da porsi che sappiamo benissimo non realizzeremo mai; settembre è anche il tempo che avevi rimandato e all’improvviso ti bussa e chiede il conto.

Si torna con la mente alle aspettative di inizio estate, alle attese cariche di tensione tra il desiderio e l’ansia per qualcosa che sta per accadere. Patrizia Cavalli esprime così questi contrasti emotivi: “A me è maggio che mi rovina / e anche settembre, queste due sentinelle / dell’estate: promessa e nostalgia.”

Maggio è la promessa di un’estate perfetta, che può mettere a nudo le fragilità dell’animo umano, esponendoci al rischio che le aspettative non siano del tutto soddisfatte.

Settembre, d’altro canto, è sentinella di bilanci e di rimpianti.

Alfonso Gatto nota che i caldi colori dell’estate cedono il posto alle tiepide tonalità autunnali, comincia il sonno della campagna e l’uomo transita verso una nuova realtà: “Ritornerà sul mare / la dolcezza dei venti / a schiuder le acque chiare / nel verde delle correnti. / Al porto sul veliero / di carrube l’ estate / imbruna, resta nero / il cane delle sassate. / S’ addorme la campagna / di limoni e d’ arena / nel canto che si lagna / monotono di pena. / Così prossima al mondo / dei gracili segni, / tu riposi nel fondo / della dolcezza che spegni”.

Nel principio dell’autunno trova invece piena espressione la sensazione dell’esistere nei versi di Sandro Penna: settembre segna un risveglio dell’anima, la luce lunare trasforma il mondo con il suo incanto, al silenzio notturno fa da contrappunto il sottofondo sommesso di ogni cosa che esiste: “La luna di settembre su la buia / valle addormenta ai contadini il canto. / Una cadenza insiste: come lento / respiro di animale, nel silenzio, / salpa la valle se la luna sale. / Altro respira qui, dolce animale / anch’egli silenzioso. Ma un tumulto / di vita in me ripete antica vita. / Più vivo di così non sarò mai”.

Al suono della prima pioggia autunnale, Marino Moretti riesce ad attenuare la consueta mestizia crepuscolare, mostrando come l’autunno adornerà la natura di una dolce e amabile sfumatura scarlatta e di un suono misto del crepitio delle foglie e del cicaleccio delle comari: “Scendon le gocce della prima pioggia / che sui selciati ancor timida batte, / mentre settembre lietamente sfoggia / l’ardire delle sue bacche scarlatte. / E’ dolce il chiacchierio di tante foglie / in capannelli sugli alberi spessi / come quello che fan sopra le soglie / le comari che parlan d’interessi. / E invece tante foglie chiacchierine / parlano dell’autunno che ritorna / e che, sotto la pioggia fine fine, / di pampini e di bacche agile s’orna”.

Settembre è per Cesare Pavese il momento in cui tutto matura, al sole tiepido e dolce dell’estate che svanisce lentamente: “I mattini trascorrono chiari e deserti / sulle rive del fiume, che all’alba s’annebbia / e incupisce il suo verde, in attesa del sole. / Il tabacco, che vendono nell’ultima casa / ancor umida, all’orlo dei prati, ha un colore / quasi nero e un sapore sugoso: vapora azzurrino. / Tengon anche la grappa, colore dell’acqua. / È venuto un momento che tutto si ferma / e matura. Le piante lontano stan chete: / sono fatte più scure. Nascondono frutti / che a una scossa cadrebbero. Le nuvole sparse / hanno polpe mature. Lontano, sui corsi, / ogni casa matura al tepore del cielo. / Non si vede a quest’ora che donne. Le donne non fumano / e non bevono, sanno soltanto fermarsi nel sole / e riceverlo tiepido addosso, come fossero frutta. / L’aria, cruda di nebbia, si beve a sorsate / come grappa, ogni cosa vi esala un sapore. / Anche l’acqua del fiume ha bevuto le rive / e le macera al fondo, nel cielo. Le strade / sono come le donne, maturano ferme. / A quest’ora ciascuno dovrebbe fermarsi / per la strada e guardare come tutto maturi. / C’è persino una brezza, che non smuove le nubi, / ma che basta a dirigere il fumo azzurrino / senza romperlo: è un nuovo sapore che passa. / E il tabacco va intinto di grappa. È così che le donne / non saranno le sole a godere il mattino”.

E’ la stessa dolcezza che registra Luciano Erba nella frutta del giardino, nelle susine, nell’uva fragola, e nell’atmosfera: “Quando si parla di case di settembre / dolce è dir poco di un ritorno a Garches. / Sei stato su e giù nei sette mari / magari a Machu Picchu e chissà dove / intanto il fogliame del giardino / cresceva tra le piccole prugne / si arrampicava l’uva americana / sulla facciata con le imposte verdi / l’autunno ti aspettava / senza chiedere niente”.

Sembra quasi di sentirlo, in questi bellissimi versi, il profumo di grappa e tabacco.

Se tornare a lezione o riabituarsi alla routine lavorativa non ha un sapore così dolce come un tramonto in riva al mare, neanche l’uva o il foliage sono poi così male.

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Claudia Cominoli

Claudia Cominoli

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Arietta settembrina

Per chi lavora a scuola il nuovo anno non incomincia a gennaio, ma a settembre, quando proprio non hai voglia di iniziare, e il pensiero va alle vacanze finite e alle spiagge vuote, alle giornate più corte e a quei buoni propositi da porsi che sappiamo benissimo non realizzeremo mai; settembre è anche il tempo che avevi rimandato e all’improvviso ti bussa e chiede il conto.

Si torna con la mente alle aspettative di inizio estate, alle attese cariche di tensione tra il desiderio e l’ansia per qualcosa che sta per accadere. Patrizia Cavalli esprime così questi contrasti emotivi: “A me è maggio che mi rovina / e anche settembre, queste due sentinelle / dell’estate: promessa e nostalgia.”

Maggio è la promessa di un’estate perfetta, che può mettere a nudo le fragilità dell’animo umano, esponendoci al rischio che le aspettative non siano del tutto soddisfatte.

Settembre, d’altro canto, è sentinella di bilanci e di rimpianti.

Alfonso Gatto nota che i caldi colori dell’estate cedono il posto alle tiepide tonalità autunnali, comincia il sonno della campagna e l’uomo transita verso una nuova realtà: “Ritornerà sul mare / la dolcezza dei venti / a schiuder le acque chiare / nel verde delle correnti. / Al porto sul veliero / di carrube l’ estate / imbruna, resta nero / il cane delle sassate. / S’ addorme la campagna / di limoni e d’ arena / nel canto che si lagna / monotono di pena. / Così prossima al mondo / dei gracili segni, / tu riposi nel fondo / della dolcezza che spegni”.

Nel principio dell’autunno trova invece piena espressione la sensazione dell’esistere nei versi di Sandro Penna: settembre segna un risveglio dell’anima, la luce lunare trasforma il mondo con il suo incanto, al silenzio notturno fa da contrappunto il sottofondo sommesso di ogni cosa che esiste: “La luna di settembre su la buia / valle addormenta ai contadini il canto. / Una cadenza insiste: come lento / respiro di animale, nel silenzio, / salpa la valle se la luna sale. / Altro respira qui, dolce animale / anch’egli silenzioso. Ma un tumulto / di vita in me ripete antica vita. / Più vivo di così non sarò mai”.

Al suono della prima pioggia autunnale, Marino Moretti riesce ad attenuare la consueta mestizia crepuscolare, mostrando come l’autunno adornerà la natura di una dolce e amabile sfumatura scarlatta e di un suono misto del crepitio delle foglie e del cicaleccio delle comari: “Scendon le gocce della prima pioggia / che sui selciati ancor timida batte, / mentre settembre lietamente sfoggia / l’ardire delle sue bacche scarlatte. / E’ dolce il chiacchierio di tante foglie / in capannelli sugli alberi spessi / come quello che fan sopra le soglie / le comari che parlan d’interessi. / E invece tante foglie chiacchierine / parlano dell’autunno che ritorna / e che, sotto la pioggia fine fine, / di pampini e di bacche agile s’orna”.

Settembre è per Cesare Pavese il momento in cui tutto matura, al sole tiepido e dolce dell’estate che svanisce lentamente: “I mattini trascorrono chiari e deserti / sulle rive del fiume, che all’alba s’annebbia / e incupisce il suo verde, in attesa del sole. / Il tabacco, che vendono nell’ultima casa / ancor umida, all’orlo dei prati, ha un colore / quasi nero e un sapore sugoso: vapora azzurrino. / Tengon anche la grappa, colore dell’acqua. / È venuto un momento che tutto si ferma / e matura. Le piante lontano stan chete: / sono fatte più scure. Nascondono frutti / che a una scossa cadrebbero. Le nuvole sparse / hanno polpe mature. Lontano, sui corsi, / ogni casa matura al tepore del cielo. / Non si vede a quest’ora che donne. Le donne non fumano / e non bevono, sanno soltanto fermarsi nel sole / e riceverlo tiepido addosso, come fossero frutta. / L’aria, cruda di nebbia, si beve a sorsate / come grappa, ogni cosa vi esala un sapore. / Anche l’acqua del fiume ha bevuto le rive / e le macera al fondo, nel cielo. Le strade / sono come le donne, maturano ferme. / A quest’ora ciascuno dovrebbe fermarsi / per la strada e guardare come tutto maturi. / C’è persino una brezza, che non smuove le nubi, / ma che basta a dirigere il fumo azzurrino / senza romperlo: è un nuovo sapore che passa. / E il tabacco va intinto di grappa. È così che le donne / non saranno le sole a godere il mattino”.

E’ la stessa dolcezza che registra Luciano Erba nella frutta del giardino, nelle susine, nell’uva fragola, e nell’atmosfera: “Quando si parla di case di settembre / dolce è dir poco di un ritorno a Garches. / Sei stato su e giù nei sette mari / magari a Machu Picchu e chissà dove / intanto il fogliame del giardino / cresceva tra le piccole prugne / si arrampicava l’uva americana / sulla facciata con le imposte verdi / l’autunno ti aspettava / senza chiedere niente”.

Sembra quasi di sentirlo, in questi bellissimi versi, il profumo di grappa e tabacco.

Se tornare a lezione o riabituarsi alla routine lavorativa non ha un sapore così dolce come un tramonto in riva al mare, neanche l’uva o il foliage sono poi così male.