Berlinguer al cinema come nella vita

Non mi è capitato molte volte di sentire un applauso in sala allo scorrere dei titoli di coda, men che meno a Novara, città chiusa e poco incline a facili entusiasmi. Eppure è accaduto al termine di “Berlinguer. La grande ambizione di Andrea Segre, con la superlativa interpretazione di Elio Germano nei panni del segretario generale del Pci. Un film molto intenso, quasi un film documentario, tanto è l’aderenza ai fatti raccontati, ma nonostante questo non credo che l’applauso fosse per il film.

Così, benché di una ammirevole bravura, non credo nemmeno che l’applauso fosse per Elio Germano.

L’applauso era per lui, per Enrico Berlinguer, il segretario più amato del Partito Comunista Italiano. Amato da noi, comunisti da sempre, ma amato anche da chi ha votato il PCI qualche volta, magari una volta sola e magari lo ha votato proprio per la sua serietà, termine che oggi, a fronte dei tanti improvvisatori della politica, meritava comunque rispetto. Forse è anche inutile raccontare il film o la sua trama che si svolge negli anni che vanno dal 1973, anno del golpe di Pinochet in Cile al 1978, anno del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Chi in sala applaudiva, ma anche chi aveva gli occhi lucidi, con ogni probabilità, anzi sicuramente, ha vissuto quegli anni da militante o quanto meno da simpatizzante ed è quindi più che ovvio che le vicende raccontate fossero già note o lo fossero in parte. Anche per chi vi scrive, quella parabola politica coincise con gli anni della militanza politica. Il 15 settembre 1973, fu l’anno della mia prima manifestazione, quella indetta appunto contro il colpo di stato di Augusto Pinochet e contemporaneamente di protesta contro l’assassinio di Salvador Allende avvenuto qualche giorno prima, l’undici settembre.

Così pure come i giorni del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro, sono ancora un vivido ricordo, probabilmente, per tutti gli spettatori presenti il sala.

E il film? E il suo regista? Il film è ottimamente documentato ed è arricchito da molte di quelle che si chiamano “immagini di repertorio” che fanno sì che i fatti raccontati siano molto aderenti alla realtà. Il film di Segre, ci fa anche scoprire il Berlinguer degli affetti famigliari che non possono essere mai troppo distaccati dalla politica.

Colonna sonora acida che commenta i passaggi più duri, interpreti misurati e credibili. Ma gli applausi sono tutti per lui, questo è fuori discussione.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Berlinguer al cinema come nella vita

Non mi è capitato molte volte di sentire un applauso in sala allo scorrere dei titoli di coda, men che meno a Novara, città chiusa e poco incline a facili entusiasmi. Eppure è accaduto al termine di “Berlinguer. La grande ambizione di Andrea Segre, con la superlativa interpretazione di Elio Germano nei panni del segretario generale del Pci. Un film molto intenso, quasi un film documentario, tanto è l’aderenza ai fatti raccontati, ma nonostante questo non credo che l’applauso fosse per il film.

Così, benché di una ammirevole bravura, non credo nemmeno che l’applauso fosse per Elio Germano.

L’applauso era per lui, per Enrico Berlinguer, il segretario più amato del Partito Comunista Italiano. Amato da noi, comunisti da sempre, ma amato anche da chi ha votato il PCI qualche volta, magari una volta sola e magari lo ha votato proprio per la sua serietà, termine che oggi, a fronte dei tanti improvvisatori della politica, meritava comunque rispetto. Forse è anche inutile raccontare il film o la sua trama che si svolge negli anni che vanno dal 1973, anno del golpe di Pinochet in Cile al 1978, anno del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Chi in sala applaudiva, ma anche chi aveva gli occhi lucidi, con ogni probabilità, anzi sicuramente, ha vissuto quegli anni da militante o quanto meno da simpatizzante ed è quindi più che ovvio che le vicende raccontate fossero già note o lo fossero in parte. Anche per chi vi scrive, quella parabola politica coincise con gli anni della militanza politica. Il 15 settembre 1973, fu l’anno della mia prima manifestazione, quella indetta appunto contro il colpo di stato di Augusto Pinochet e contemporaneamente di protesta contro l’assassinio di Salvador Allende avvenuto qualche giorno prima, l’undici settembre.

Così pure come i giorni del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro, sono ancora un vivido ricordo, probabilmente, per tutti gli spettatori presenti il sala.

E il film? E il suo regista? Il film è ottimamente documentato ed è arricchito da molte di quelle che si chiamano “immagini di repertorio” che fanno sì che i fatti raccontati siano molto aderenti alla realtà. Il film di Segre, ci fa anche scoprire il Berlinguer degli affetti famigliari che non possono essere mai troppo distaccati dalla politica.

Colonna sonora acida che commenta i passaggi più duri, interpreti misurati e credibili. Ma gli applausi sono tutti per lui, questo è fuori discussione.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.