Un delitto premeditato, pensato e poi messo in atto: avrebbe ucciso la madre e abbandonato il suo corpo a Trecate, vicino al Ticino, per riuscire a prendere i soldi della pensione e dell’accompagnamento. Il gup di Novara, come chiesto dalla procura, ha rinviato a giudizio di Emilio Garini, 61enne agente immobiliare di Milano. L’uomo, attualmente in carcere, comparirà davanti alla Corte d’Assise di Novara il prossimo aprile, per i reati di omicidio volontario aggravato e premeditato, distruzione di cadavere, e truffa ai danni dello Stato.
A ottobre, quando aveva ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini, si era fatto nuovamente interrogare ma non ha sostanzialmente cambiato versione: avrebbe ammesso di aver detto qualche bugia per nascondere la morte della madre, ma, per quanto riguarda l’ipotesi di omicidio, ha negato e spiegato che mentre andava con la famigliare a fare una passeggiata in riva al Ticino, lei era caduta in acqua e lui si era fatto prendere dal panico. Era poi tornato il giorno dopo, ma il corpo non c’era più.
La svolta nell’indagine c’è stata lo scorso anno quando quelle ossa umane (notate da un boscaiolo il 10 ottobre 2022 in località Boscomarino a San Martino di Trecate), grazie a una protesi nella colonna vertebrale, vennero attribuite alla pensionata residente a Milano. I carabinieri erano risaliti alla ditta produttrice della protesi individuando l’ospedale a cui era stata venduto l’accessorio.
Interpellati tutti i pazienti ancora in vita e con quel numero di matricola, l’attenzione era stata rivolta alla vittima. Il figlio, a quell’epoca ignaro delle indagini, era stato contattato per telefono dal medico di base, su indicazione degli investigatori, per poter visitare la madre: aveva risposto in maniera elusiva dicendo che la madre stava bene ma che non poteva essere visitata perché si trovava in Veneto in visita al fratello che, però, da accertamenti successivi, risultava deceduto diversi anni prima. Da qui i sospetti che stesse nascondendo qualcosa.
Da lì gli investigatori erano arrivati a ricostruire la data della morte, il 18 maggio, l’ultimo giorno in cui la badante aveva visto viva Liliana, e a capire che il decesso era noto ai famigliari ma era stato mascherato a Inps e Comune di Milano, e poi anche al medico di famiglia che, per conto dei militari, chiedeva informazioni («Mamma è da un fratello in Veneto», la risposta data).
Era stata celebrata anche una messa di suffragio nel quartiere popolare Barona di Milano, senza il feretro. Garini, una volta scoperto, si era giustificato parlando della passeggiata al Ticino con la caduta in acqua dell’anziana. Quindi una morte naturale, cui erano seguiti istanti di panico. Una versione che non ha mai convinto gli investigatori, perché legata a una serie di circostanze poi smentite dai fatti. Per la procura di Novara si tratta invece un omicidio organizzato, grazie al quale Garini, fino al momento dell’arresto, aveva indebitamente intascato circa 30 mila euro di soldi pubblici.