La storia di Roberto Jarach, presidente del Memoriale della Shoah di Milano, passa anche dal novarese. Come ha raccontato lui stesso ai microfoni de La Voce, il nonno, Federico Jarach, è tra gli scampati all’eccidio del lago Maggiore fuggendo in barca all’arrivo delle truppe tedesche.
«I miei nonni, quello paterno e quello materno, avevano due caratteristiche diverse: il nonno paterno non privilegiava gli investimenti immobiliari perché si riteneva ospite provvisorio del Paese nonostante fosse un imprenditore del settore delle rubinetterie, mentre il nonno materno riteneva che gli immobili rappresentassero una tranquillità per le famiglie» racconta Jarach che spiega come il padre di suo padre affittasse per le vacanze una villa sul Lago Maggiore, appena sotto il San Carlone ad Arona.
Proprio sulle rive del lago si è consumato, tra il 13 settembre e l’8 ottobre 1943, l’eccidio perpetrato dal 1º battaglione della Panzer-Division Waffen SS – Leibstandarte Adolf Hitler che ha rastrellato e ucciso in tutto 57 persone.
«Qualcuno, nell’intervallo tra la strage di Meina e la partenza delle truppe tedesche verso Arona, ha avvertito il nonno e il custode della villa dell’arrivo dei tedeschi. Il custode ha quindi messo in acqua una barca con tutta la famiglia» racconta Jarach che parla anche della resistenza messa in atto dal nonno che, in quanto discriminato e quindi soggetto a restrizioni perché esponente di spicco della società industriale (aveva ricoperto il ruolo di ufficiale della Marina, era un imprenditore ed è stato assessore alle Finanze del comune di Milano nel 1923 oltre che tra i fondatori di Assolombarda) si rifiutava di scappare di fronte alle truppe tedesche.
«Tuttavia, dopo un primo tentativo di fuga e il rientro sulle rive del giardino della villa, fu convinto a risalpare verso la sponda lombarda proprio quando le truppe tedesche con il furgone sfondavano i cancelli della villa. A quel punto però la barca era fuori tiro e questo ha permesso la fuga della mia famiglia e la loro sopravvivenza» conclude Jarach.