Italia primo Paese europeo produttore di riso. L’analisi di Cia

Il presidente Fini: «Alla quantità si aggiunge una qualità indiscussa, che nasce dalla tradizione e dal rispetto per l’ambiente e il paesaggio che caratterizzano le aree di produzione»

L’Italia si conferma di gran lunga il primo Paese produttore di riso in Europa con oltre il 50% dell’intera produzione comunitaria, ben 216 mila ettari di superfici seminate e circa 1,4 milioni di tonnellate prodotte nel 2024. I dati sono stati comunicati dal direttore di Ente Risi, Roberto Magnaghi, durante un incontro organizzato da Cia, sindacato degli agricoltori, Centro Ricerche dell’Ente Risi di Castello d’Agogna (Pavia) alla presenza del presidente nazionale Cia Cristiano Fini.

Cia Novara Vercelli Vco era rappresentata da Manrico Brustia – responsabile Settore Riso Cia Piemonte (al tavolo dei relatori), dal presidente Andrea Padovani e dal suo vice Roberto Greppi, dal direttore Daniele Botti e da alcuni funzionari in sala. Presente anche la presidente dell’Ente Risi Natalia Bobba.

«Il riso è un’eccellenza dell’agricoltura italiana, non solo per la potenza dei numeri – ha detto Fini -. Alla quantità si aggiunge una qualità indiscussa, che nasce dalla tradizione e dal rispetto per l’ambiente e il paesaggio che caratterizzano le aree di produzione».

Il presidente di Cia ha ribadito l’impegno dell’Organizzazione a sostegno del settore risicolo, sia a livello nazionale che europeo, tanto più oggi che «il comparto è chiamato a confrontarsi con grandi sfide, dai cambiamenti climatici agli aumenti dei costi di produzione, dalle dinamiche di mercato sempre più complesse alle politiche Ue di transizione green spesso confuse e pasticciate». Nel contesto di queste difficoltà, Fini ha anche espresso il suo apprezzamento per il lavoro svolto dall’Ente Risi, definendolo un «vero e proprio patrimonio della ricerca pubblica italiana, al servizio degli agricoltori».

Quindi focus sulla nuova Pac, che «deve essere adeguata nelle risorse e di facile attuazione” e soprattutto “massima attenzione di Cia sui possibili impatti degli accordi di libero scambio» con i Paesi del Sud America (Mercosur) e con i Paesi EBA (Cambogia, Myanmar).

Da parte sua, il direttore Magnaghi ha tracciato un’analisi dell’export, visto che circa il 33% del riso prodotto nel nostro Paese arriva al mercato Ue, mentre il 13% è destinato ai mercati extracomunitari come gli Usa. Mettendo in chiaro trend e minacce sul fronte commerciale. «L’Italia esporta in Europa 538.000 tonnellate di riso, in particolare verso Francia (128.000 tonnellate) e Germania (136.000 tonnellate)». Tuttavia, ha espresso preoccupazione per il calo dell’export verso Parigi (-21.000 tonnellate), che «potrebbe essere legato al caro vita che sta attraversando il Paese transalpino».

Riguardo ai possibili dazi da parte dell’amministrazione Trump, «l’Italia esporta negli Stati Uniti circa il 6% della produzione, peraltro di varietà pregiate da risotto come Carnaroli, Arborio, Vialone Nano. Produzioni di eccellenza, difficilmente sostituibili con coltivazioni locali. Comunque – ha evidenziato Magnaghi – giusto vigilare sulle politiche dei dazi, che comprometterebbero parte dell’export del nostro agroalimentare di qualità verso gli Usa».

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Italia primo Paese europeo produttore di riso. L’analisi di Cia

Il presidente Fini: «Alla quantità si aggiunge una qualità indiscussa, che nasce dalla tradizione e dal rispetto per l’ambiente e il paesaggio che caratterizzano le aree di produzione»

L’Italia si conferma di gran lunga il primo Paese produttore di riso in Europa con oltre il 50% dell’intera produzione comunitaria, ben 216 mila ettari di superfici seminate e circa 1,4 milioni di tonnellate prodotte nel 2024. I dati sono stati comunicati dal direttore di Ente Risi, Roberto Magnaghi, durante un incontro organizzato da Cia, sindacato degli agricoltori, Centro Ricerche dell’Ente Risi di Castello d’Agogna (Pavia) alla presenza del presidente nazionale Cia Cristiano Fini.

Cia Novara Vercelli Vco era rappresentata da Manrico Brustia – responsabile Settore Riso Cia Piemonte (al tavolo dei relatori), dal presidente Andrea Padovani e dal suo vice Roberto Greppi, dal direttore Daniele Botti e da alcuni funzionari in sala. Presente anche la presidente dell’Ente Risi Natalia Bobba.

«Il riso è un’eccellenza dell’agricoltura italiana, non solo per la potenza dei numeri – ha detto Fini -. Alla quantità si aggiunge una qualità indiscussa, che nasce dalla tradizione e dal rispetto per l’ambiente e il paesaggio che caratterizzano le aree di produzione».

Il presidente di Cia ha ribadito l’impegno dell’Organizzazione a sostegno del settore risicolo, sia a livello nazionale che europeo, tanto più oggi che «il comparto è chiamato a confrontarsi con grandi sfide, dai cambiamenti climatici agli aumenti dei costi di produzione, dalle dinamiche di mercato sempre più complesse alle politiche Ue di transizione green spesso confuse e pasticciate». Nel contesto di queste difficoltà, Fini ha anche espresso il suo apprezzamento per il lavoro svolto dall’Ente Risi, definendolo un «vero e proprio patrimonio della ricerca pubblica italiana, al servizio degli agricoltori».

Quindi focus sulla nuova Pac, che «deve essere adeguata nelle risorse e di facile attuazione” e soprattutto “massima attenzione di Cia sui possibili impatti degli accordi di libero scambio» con i Paesi del Sud America (Mercosur) e con i Paesi EBA (Cambogia, Myanmar).

Da parte sua, il direttore Magnaghi ha tracciato un’analisi dell’export, visto che circa il 33% del riso prodotto nel nostro Paese arriva al mercato Ue, mentre il 13% è destinato ai mercati extracomunitari come gli Usa. Mettendo in chiaro trend e minacce sul fronte commerciale. «L’Italia esporta in Europa 538.000 tonnellate di riso, in particolare verso Francia (128.000 tonnellate) e Germania (136.000 tonnellate)». Tuttavia, ha espresso preoccupazione per il calo dell’export verso Parigi (-21.000 tonnellate), che «potrebbe essere legato al caro vita che sta attraversando il Paese transalpino».

Riguardo ai possibili dazi da parte dell’amministrazione Trump, «l’Italia esporta negli Stati Uniti circa il 6% della produzione, peraltro di varietà pregiate da risotto come Carnaroli, Arborio, Vialone Nano. Produzioni di eccellenza, difficilmente sostituibili con coltivazioni locali. Comunque – ha evidenziato Magnaghi – giusto vigilare sulle politiche dei dazi, che comprometterebbero parte dell’export del nostro agroalimentare di qualità verso gli Usa».

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