Un omicidio per vendicare uno stupro. E’ questa l’ipotesi cui è arrivata la procura del Novara nel chiudere l’inchiesta sul delitto avvenuto il 25 luglio dello scorso anno nei boschi di Oleggio, in una zona abitualmente frequentata da spacciatori e consumatori di droga. L’atto formale di conclusione delle indagini è stato notificato a N.D., 34enne di Borgo Ticino indicato come esecutore materiale, e arrestato dai carabinieri pochi ore dopo il fatto, e a F.D., 29 anni, anche lei residente nell’Aronese, ritenuta l’istigatrice morale dell’omicidio di Fadili Charaf, ventottenne marocchino senza fissa dimora accoltellato a morte.
Il fatto, in base a quanto verificato dai carabinieri, sarebbe da collocare nel contesto degradato dello spaccio di sostanze stupefacenti della zona dei boschi dell’Ovest Ticino. La sera prima dell’omicidio, il 24 luglio, il pusher 28enne, dopo aver venduto una dose alla ragazza, ne avrebbe approfittato per violentarla. Lei, una volta a casa, si sarebbe confidata col fidanzato. E avrebbe chiesto di essere vendicata. Ecco perché il giorno dopo il trentenne, fingendosi acquirente, avrebbe chiesto un appuntamento allo spacciatore, e si sarebbe recato nel luogo di spaccio abituale del pusher; lo avrebbe avvicinato e lo avrebbe aggredito pugnalandolo a morte con un coltello. L’autopsia parla di almeno cinque ferite gravi, a torace e schiena, quella mortale vicino alla parete del cuore, e anche lesioni ai genitali.
Secondo i carabinieri, fondamentali per la ricostruzione dei fatti sono state, oltre a procedure investigative di carattere tecnico, alcune testimonianze raccolte da persone che hanno incontrato per strada l’accoltellatore mentre si allontanava frettolosamente dal luogo del delitto diretto verso la propria abitazione.
Il trentaquattrenne ha sì ammesso di aver avuto una lite con Charaf per la violenza subita dalla fidanzata, e di aver alzato le mani, ma nega di essere andato armato all’incontro e di aver accoltellato il marocchino.