Ecco, leggi la paginetta Wikipedia sull’uva glera e scopri che è in atto un processo di “damnatio memoriae”. Una volta l’uva veniva comunemente denominata prosecco, stesso nome del vini che si ricavavano; poi il recupero di questo nome locale, glera; e la contemporanea attribuzione (ancora oggi dubbia) del nome di “prosecco” ad una storica produzione nell’omonimo paese triestino (dove però di prosecco non se n’è fatto per secoli) con relativa protezione della denominazione.
Non più prosecco spagnolo o francese, dunque, ma questo grazie a un qualcosa di non molto ben spiegato. Poi leggi in detta paginetta le (poche) testimonianze storiche del nome glera: «Già in epoca romana erano note le uve del vitigno Glera, coltivato inizialmente nella località Prosecco vicino a Trieste, sul pendio carsico costeggiante sul mare». La glera è ricordata anche nel 1772, in un articolo del Giornale d’Italia di Francesco Maria Malvolti.
Ovviamente non è disponibile detto documento, né citazione. Invece c’è una citazione in senso contrario nella stessa pagina: «Ed or ora immolarmi voglio il becco con quel meloaromatico Prosecco’» scriveva Aureliano Acanti nel 1754. Un corto circuito davvero.