Quando collaboravo con un giornale locale ogni tanto andavo a cena: rassegne, vernici, raccolta fondi… il mio caporedattore era piuttosto critico che la mia cronaca fosse un pezzo, sia pure piccolo, di giornalismo. Ed aveva ragione: andare a mangiare e a bere gratis non è il presupposto migliore per essere oggettivi. Sarà la nostra natura. Un po’ come essere di fronte ad un buffet: si mangia di più, ci si riempie il piatto. Siamo fatti così, meglio prenderne atto.
Ragionavo così mentre ascoltato Visintin parlare a scuola (poi racconterò) ed immaginavo che oggettività si potrebbe avere se ti soddisfacessero gratuitamente altri bisogni primari: una signora si concede a te e tu mentre amoreggi devi freddamente giudicare il suo aspetto e le sue movenze. Ma quando mai! Tu hai sonno e ti addormenti su un materasso che poi devi giudicare. E come fai…
Insomma, non è cronaca oggettiva e non è giornalismo. Rientra nell’immateriale, nel soggettivo, nell’evanescente. Ed è giusto che sia fatto sempre più di influencer, di content creator… gente che non ha lettori (attenti, critici, alla pari) ma ha followers, cioè seguaci. Seguaci a cui far credere ogni realtà, vera o presunta, che vuoi. E le guide, direte voi? Mah, potrebbero essere una risposta oggettiva se fossero oggettive. Ma non dichiarano e dunque sono “immateriali” e soggettive come i suddetti.
Dunque serve la critica gastronomica? Mah, forse solo per la segnalazione. Per il resto è meglio fare da sé.