Non immaginavo di abitare così vicino ad un luogo sacro, un ampio luogo sacro. Lo intuivo, però, perché mi piace camminare nei boschi d’autunno, mi piace il rumore delle foglie secche, dei rami che si spezzano, il fiato che condensa un po’, il verde umido del muschio, i funghi (che mangio poco e poco apprezzo), le castagne… un anno, anni fa, era estate però, mi sono arrampicato sulle soglie di quell’area così, infatti lo è, magica; solo, sudato, sono arrivato in cima alla cima che mi ero prefissato, incontrando pochi e solitari viandanti; l’orizzonte interno era dominato dal verde e da sentieri che solo intuivo e l’esterno marroncino/verde/grigio era reso fosco dalle polveri sottili. Il sangue era tutto nelle gambe e il cervello, vuoto, vagava. Momenti belli,
Il film documentario di ieri sera (A Riveder le Stelle” di Emanuele Caruso) mi ha in parte raccontato una storia simile e mi ha spinto ancor più nelle mie convinzioni di leggerezza, riuso, attenzione, empatia. No non ve lo racconto: andate a vederlo. Mollate lo smartphone per una sera ed uscite. Immaginate di essere a piedi nudi sull’erba.