Mi incuriosisce il parallelo fra fiamme – amore – eresia. I poeti medievali, soprattutto Petrarca, hanno creato il lessico dell’amore, fatto di frecce, cuori e fiamme. Tante fiamme, ardere e non un fuocherello, ma un fuoco alto, rumoroso e possente. Le stesse fiamme che ardono nel bruciare gli eretici. Fiamme guizzanti ed impetuose che consumano le carni così come l’amore consuma dentro (“i’ che l’esca amorosa al petto avea, / qual meraviglia se di sùbito arsi” dice il Francesco).
Le fiamme degli eretici anticipano l’inferno. E quelle dell’amore? Sempre l’inferno, direi. L’amore è un peccato grave perché ci fa vivere il qui e l’oggi, perché muove i sensi, perché ci allontana dalla serena, cristiana (ma anche buddista e religiosa in genere) contemplazione della vita. Ieri era più chiaro, oggi meno. Nel Medioevo poi l’amore individuale si contrappone alla logica da clan che vedeva nei matrimoni un patto, una federazione. Uomini e soprattutto donne non avevano voce in capitolo. L’amore era un pericolo per la tenuta della società medioevale. Un’eresia sociale e poi religiosa. E come tale da associare alle fiamme.
Ed oggi? Molte cose sono cambiate, ma a volte si coglie ancora l’eresia dell’amore. L’amore infatti brucia ancora e lo ricorda Eliot secoli dopo: “Ardere ardere ardere ardere / O Signore Tu mi cogli / O Signore Tu mi cogli / bruciando”.