Piste ciclabili, a Novara (non) esistono davvero?

Servizio di Cecilia Colli, Luca Mattioli

Piste ciclabili, a Novara (non) esistono davvero? Sulla carta sono dichiarati circa 25 chilometri da nord a sud della città che solcano i Baluardi, viale Buonarroti, via Biglieri, viale Dante, via Marconi, viale Verdi, viale Giulio Cesare, corso XXIII Marzo, via Galilei, viale Curtatone, via Monte San Gabriele, viale Europa e lungo l’Agogna dietro lo stadio Piola. Ma si può parlare di vere e proprie piste ciclabili oppure solo di corsie per le biciclette?

Lo abbiamo chiesto a chi il tema ambientale lo “percorre” tutti i giorni e da tempo conduce iniziative su più fronti, anche quello della mobilità sostenibile: «Intanto prima di pensare a nuovi spazi per la ciclabilità, bisognerebbe mettere mano a quelli esistenti – afferma il presidente di Novara Green, Fabrizio Cerri -. Le ciclabili, se così vogliamo chiamarle, non sono certamente in buone condizioni: manca tutta la segnaletica, le strisce non si vedono più e in diversi punti le radici degli alberi sollevano l’asfalto che diventa pericoloso. Ma ciò che è limitante nella nostra città è che non c’è continuità tra una pista e l’altra: quando termina, ti trovi improvvisamente in mezzo al traffico con tutte le conseguenze del caso».

 

 

Dunque non c’è spazio per pensare a soluzioni innovative? «C’è sempre spazio – prosegue Cerri -. Novara ha una forma radiale nel senso che tutte le strade si dirigono verso il centro e in numerosi punti sono parallele. Una conformazione che consentirebbe di dedicare alcune vie secondarie, magari una su cinque, alla mobilità dolce con il passaggio in auto solo per i residenti. Realizzare vere piste ciclabili è piuttosto difficile, dati anche i costi elevati, ma un sistema integrato per unire le periferie al centro si può pensare, anche con delle sperimentazioni. E poi riservare, nei vari parcheggi, uno stallo auto alle biciclette, in modo che i cittadini sappiano dove poterle posteggiare».

Progetti che in altre città sono già stati realizzati e che sembrano funzionare bene: «A Firenze – continua Cerri – o a Pesaro, una città che somiglia per dimensioni a Novara, hanno ideato la bicipolitana, una vera e propria rete di piste ciclabili unite tra loro, rappresentate su una cartina come si fa per le metropolitane, individuate con colori diversi, lunghezza e tempi di percorrenza Perchè non a Novara?».

Idee e prospettive rilanciate anche da Giulio Rigotti, architetto, presidente dell’associazione Amici della bici, ex assessore alla mobilità: «Difficile pensare di realizzare altri chilometri di pista ciclabile, considerato il fatto che sono necessari anche 450 mila euro per la costruzione di poche centinaia di metri. Meglio intervenire su quelli esistenti, incoraggiando questa mobilità attraverso il non utilizzo di strade come i corsi principali che dalla periferia conducono verso il centro. Nelle strade di quartiere il ciclista, ma anche il pedone, deve avere la possibilità di muoversi in sicurezza in determinati spazi e sapendo che in quei punti la velocità del traffico veicolare, anche in prossimità delle scuole, dovrà essere limitato a 30 chilometri orari».

Per fare questo, prosegue Rigotti «serve un piano organico che non si limiti unicamente alla creazione di piste separate, ma anche alla messa in sicurezza di quelle esistenti attraverso il superamento delle varie interruzioni. Si può anche pensare di concretizzare diversi progetti attingendo alle risorse disponibili, se utilizzate con un certo criterio e attraverso una progettazione più logica. Questo implica un’azione più coraggiosa da parte dell’amministrazione comunale, sulla falsariga di quanto già attuato in altre città italiane ed europee dando vita a una vera e propria cultura della mobilità».

Il presidente di Novara Green, inoltre, riprende l’idea del bike sharing «ma non quello che abbiamo già sperimentato anni fa e che, purtroppo, si è rivelato un fallimento. Quelli di ultima generazione sono sistemi con gps integrato nei mezzi, dunque rintracciabili; le bici sono pezzi unici non smontabili, l’utilizzo implica un costo minimo legato a un conto corrente, dunque è facile risalire agli utilizzatori e i vandalismi sono ridotti al minimo. Inoltre in diverse città come Milano, Bologna, Ferrara o Reggio Emilia questo sistema, che funziona da diverso tempo anche con alcune bici a pedalata assistita, è realizzato in collaborazione con i commercianti e prevede, ad esempio, una serie di sconti nei negozi aderenti dopo aver percorso una certo numero di chilometri con i mezzi del bike sharing. Insomma, non ci si può nascondere dietro al fatto che si è sempre fatto così. Se si vuole pensare alla città del futuro, bisogna avere coraggio nelle scelte, cambiare visione e mentalità».

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5 risposte

  1. Una città a “dismisura di automobile”: posteggio selvaggio ovunque, nessuna vera isola pedonale, piazze storiche trasformate in posteggi, scarsissima attenzione al verde, piste ciclabili abbandonate. Un disastro. Basta guardare (constatazione) e Basta guardare! (esortazione).

    1. Tutto vero e condivisibile, purtroppo per noi! Povera città! Ma perché Rigotti che ha fatto l’ asse ssore all’ambiente per anni 5 non ha realizzato almeno il 50% di quanto ora propone?

  2. Tutto vero, manca un po di segnaletica e manutenzione, ma manca molto di più una vera educazione stradale o il rispetto del codice stradale. Perché le piste sul Giulio Cesare o C. So 23 Marzo non sono così tanto mal messe, ma c’è sempre gente che non le usa, Li come in altre zone, eppure non ho mai sentito o letto di un ciclista multato o almeno fermato e informato dell’infrazione che stava commettendo.

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Piste ciclabili, a Novara (non) esistono davvero?

Servizio di Cecilia Colli, Luca Mattioli

Piste ciclabili, a Novara (non) esistono davvero? Sulla carta sono dichiarati circa 25 chilometri da nord a sud della città che solcano i Baluardi, viale Buonarroti, via Biglieri, viale Dante, via Marconi, viale Verdi, viale Giulio Cesare, corso XXIII Marzo, via Galilei, viale Curtatone, via Monte San Gabriele, viale Europa e lungo l’Agogna dietro lo stadio Piola. Ma si può parlare di vere e proprie piste ciclabili oppure solo di corsie per le biciclette?

Lo abbiamo chiesto a chi il tema ambientale lo “percorre” tutti i giorni e da tempo conduce iniziative su più fronti, anche quello della mobilità sostenibile: «Intanto prima di pensare a nuovi spazi per la ciclabilità, bisognerebbe mettere mano a quelli esistenti – afferma il presidente di Novara Green, Fabrizio Cerri -. Le ciclabili, se così vogliamo chiamarle, non sono certamente in buone condizioni: manca tutta la segnaletica, le strisce non si vedono più e in diversi punti le radici degli alberi sollevano l’asfalto che diventa pericoloso. Ma ciò che è limitante nella nostra città è che non c’è continuità tra una pista e l’altra: quando termina, ti trovi improvvisamente in mezzo al traffico con tutte le conseguenze del caso».

 

 

Dunque non c’è spazio per pensare a soluzioni innovative? «C’è sempre spazio – prosegue Cerri -. Novara ha una forma radiale nel senso che tutte le strade si dirigono verso il centro e in numerosi punti sono parallele. Una conformazione che consentirebbe di dedicare alcune vie secondarie, magari una su cinque, alla mobilità dolce con il passaggio in auto solo per i residenti. Realizzare vere piste ciclabili è piuttosto difficile, dati anche i costi elevati, ma un sistema integrato per unire le periferie al centro si può pensare, anche con delle sperimentazioni. E poi riservare, nei vari parcheggi, uno stallo auto alle biciclette, in modo che i cittadini sappiano dove poterle posteggiare».

Progetti che in altre città sono già stati realizzati e che sembrano funzionare bene: «A Firenze – continua Cerri – o a Pesaro, una città che somiglia per dimensioni a Novara, hanno ideato la bicipolitana, una vera e propria rete di piste ciclabili unite tra loro, rappresentate su una cartina come si fa per le metropolitane, individuate con colori diversi, lunghezza e tempi di percorrenza Perchè non a Novara?».

Idee e prospettive rilanciate anche da Giulio Rigotti, architetto, presidente dell’associazione Amici della bici, ex assessore alla mobilità: «Difficile pensare di realizzare altri chilometri di pista ciclabile, considerato il fatto che sono necessari anche 450 mila euro per la costruzione di poche centinaia di metri. Meglio intervenire su quelli esistenti, incoraggiando questa mobilità attraverso il non utilizzo di strade come i corsi principali che dalla periferia conducono verso il centro. Nelle strade di quartiere il ciclista, ma anche il pedone, deve avere la possibilità di muoversi in sicurezza in determinati spazi e sapendo che in quei punti la velocità del traffico veicolare, anche in prossimità delle scuole, dovrà essere limitato a 30 chilometri orari».

Per fare questo, prosegue Rigotti «serve un piano organico che non si limiti unicamente alla creazione di piste separate, ma anche alla messa in sicurezza di quelle esistenti attraverso il superamento delle varie interruzioni. Si può anche pensare di concretizzare diversi progetti attingendo alle risorse disponibili, se utilizzate con un certo criterio e attraverso una progettazione più logica. Questo implica un’azione più coraggiosa da parte dell’amministrazione comunale, sulla falsariga di quanto già attuato in altre città italiane ed europee dando vita a una vera e propria cultura della mobilità».

Il presidente di Novara Green, inoltre, riprende l’idea del bike sharing «ma non quello che abbiamo già sperimentato anni fa e che, purtroppo, si è rivelato un fallimento. Quelli di ultima generazione sono sistemi con gps integrato nei mezzi, dunque rintracciabili; le bici sono pezzi unici non smontabili, l’utilizzo implica un costo minimo legato a un conto corrente, dunque è facile risalire agli utilizzatori e i vandalismi sono ridotti al minimo. Inoltre in diverse città come Milano, Bologna, Ferrara o Reggio Emilia questo sistema, che funziona da diverso tempo anche con alcune bici a pedalata assistita, è realizzato in collaborazione con i commercianti e prevede, ad esempio, una serie di sconti nei negozi aderenti dopo aver percorso una certo numero di chilometri con i mezzi del bike sharing. Insomma, non ci si può nascondere dietro al fatto che si è sempre fatto così. Se si vuole pensare alla città del futuro, bisogna avere coraggio nelle scelte, cambiare visione e mentalità».

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