Agricoltura: settore poco tutelato, c’è troppa burocrazia

Reale Mutua, fondata a Torino nel 1828 sotto il regno di Carlo Felice, considerata la più importante compagnia di assicurazioni in forma mutualistica, ha recentemente diffuso i dati di un’indagine da lei commissionata secondo i quali per un novarese su tre (34% del campione) l’agricoltura rappresenterebbe una buona opportunità di lavoro. Ma non solo: per quasi la metà degli intervistati (48%) il settore può essere un buono sbocco in particolare per i giovani, perché agricoltura continua ad essere sinonimo di tradizione (15%) e “made in Italy” (28%). Inoltre i novaresi hanno ben chiari anche le minacce e i fattori critici rappresentati, oltre al Covid, dai cambiamenti climatici (5%), dai vincoli normativi (22%) e da alcune “mode” che puntano a una promozione di prodotti esotici (6%).

«Non sono sorpresa da questi risultati – commenta Paola Battioli, presidente di Confagricoltura Novara e Vco – anche se qualche perplessità emerge, soprattutto se consideriamo che un novarese su due ritene che il settore rappresenti uno sbocco per i giovani. E’ appurato che ci sia stato in epoca recente un “riavvicinamento” al mondo agricolo da parte delle giovani generazioni, anche per motivi di carattere familiare, ma purtroppo il comparto non è stato in grado di compiere concreti passi avanti con adeguati strumenti, strutture e sviluppo delle nuove tecnologie per renderlo ancora più appetibile».

 

In sostanza, «le potenzialità ci sarebbero, anche perché l’agroalimentare continua a essere considerato uno dei fiori all’occhiello del “made in Italy”, però occorrono nuove e importanti forme di promozione e sostegno anche da parte dell’Europa».

Chi punta invece l’indice nei confronti di un’eccessiva burocrazia è Sara Baudo, presidente di Coldiretti Novara – Vco: «Le risorse messe in campo da Bruxelles ci sarebbero – dice – ma purtroppo la loro erogazione, diretta o attraverso la Regione, spesso è rallentata da molte complicazioni procedurali che finiscono anche per scoraggiare non pochi». Baudo crede molto nelle istituzioni comunitarie (lei stessa ha conseguito una laurea in Scienze politiche e relazioni internazionali alla Cattolica di Milano con una tesi sulla nascita e lo sviluppo dell’Unione europea), «ma occorre che il nostro settore, che rappresenta la vera forza motrice economica del territorio, con le sue eccellenze specifiche come nel nostro caso il riso, sia maggiormente tutelato in tutte le sedi». E qui un’altra accusa nei confronti della cosiddetta “etichetta nutrizionale a semaforo”, iniziativa che ha preso piede nel Regno Unito prima della Brexit e che proprio «secondo noi di Coldiretti arriverebbe a bocciare l’85% del “made in Italy”. Un’assurdità, se pensiamo a quanti altri prodotti hanno invece ottenuto il “verde”, a scapito di quella dieta mediterranea riconosciuta e apprezzata dai consumatori di tutto il mondo».

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Agricoltura: settore poco tutelato, c’è troppa burocrazia

Reale Mutua, fondata a Torino nel 1828 sotto il regno di Carlo Felice, considerata la più importante compagnia di assicurazioni in forma mutualistica, ha recentemente diffuso i dati di un’indagine da lei commissionata secondo i quali per un novarese su tre (34% del campione) l’agricoltura rappresenterebbe una buona opportunità di lavoro. Ma non solo: per quasi la metà degli intervistati (48%) il settore può essere un buono sbocco in particolare per i giovani, perché agricoltura continua ad essere sinonimo di tradizione (15%) e “made in Italy” (28%). Inoltre i novaresi hanno ben chiari anche le minacce e i fattori critici rappresentati, oltre al Covid, dai cambiamenti climatici (5%), dai vincoli normativi (22%) e da alcune “mode” che puntano a una promozione di prodotti esotici (6%).

«Non sono sorpresa da questi risultati – commenta Paola Battioli, presidente di Confagricoltura Novara e Vco – anche se qualche perplessità emerge, soprattutto se consideriamo che un novarese su due ritene che il settore rappresenti uno sbocco per i giovani. E’ appurato che ci sia stato in epoca recente un “riavvicinamento” al mondo agricolo da parte delle giovani generazioni, anche per motivi di carattere familiare, ma purtroppo il comparto non è stato in grado di compiere concreti passi avanti con adeguati strumenti, strutture e sviluppo delle nuove tecnologie per renderlo ancora più appetibile».

 

In sostanza, «le potenzialità ci sarebbero, anche perché l’agroalimentare continua a essere considerato uno dei fiori all’occhiello del “made in Italy”, però occorrono nuove e importanti forme di promozione e sostegno anche da parte dell’Europa».

Chi punta invece l’indice nei confronti di un’eccessiva burocrazia è Sara Baudo, presidente di Coldiretti Novara – Vco: «Le risorse messe in campo da Bruxelles ci sarebbero – dice – ma purtroppo la loro erogazione, diretta o attraverso la Regione, spesso è rallentata da molte complicazioni procedurali che finiscono anche per scoraggiare non pochi». Baudo crede molto nelle istituzioni comunitarie (lei stessa ha conseguito una laurea in Scienze politiche e relazioni internazionali alla Cattolica di Milano con una tesi sulla nascita e lo sviluppo dell’Unione europea), «ma occorre che il nostro settore, che rappresenta la vera forza motrice economica del territorio, con le sue eccellenze specifiche come nel nostro caso il riso, sia maggiormente tutelato in tutte le sedi». E qui un’altra accusa nei confronti della cosiddetta “etichetta nutrizionale a semaforo”, iniziativa che ha preso piede nel Regno Unito prima della Brexit e che proprio «secondo noi di Coldiretti arriverebbe a bocciare l’85% del “made in Italy”. Un’assurdità, se pensiamo a quanti altri prodotti hanno invece ottenuto il “verde”, a scapito di quella dieta mediterranea riconosciuta e apprezzata dai consumatori di tutto il mondo».

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