Da lunedì c’è anche il nome di Vittorio Gregotti nel Famedio di Milano. Con una cerimonia semplice e nel rispetto delle norme previste in questo periodo, il primo cittadino del capoluogo lombardo Giuseppe Sala ha presenziato al tradizionale momento con il quale vengono resi noti e incisi su una delle pareti della suggestiva cappella del Cimitero Monumentale i nomi di milanesi, di nascita o di adozione, che hanno dato lustro alla città scomparsi negli ultimi dodici mesi.
Quest’anno sono diciotto le personalità ricordate, come sempre avviene in occasione della giornata del 2 novembre: accanto a quello di Giulia Maria Crespi, fondatrice del Fai, al giornalista Gianni Mura, al critico d’arte Philippe Davierio, al magistrato Francesco Saverio Borrelli e all’attrice Franca Valeri, c’è anche Vittorio Gregotti, l’architetto e urbanista nato a Novara nel 1927 e spentosi all’ospedale San Giuseppe di Milano nel marzo di quest’anno in seguito a complicazioni legate al Covid.
Attivissimo a Parigi ancora prima di laurearsi al Politecnico milanese, Gregotti ha iniziato la sua carriera collaborando con la rivista “Casabella” e partecipando negli anni ’50 a un seminario internazionale dove conobbe tra gli altri Le Corbusier e Gropius. Inizialmente legato al Neoliberty come forma di reazione al movimento Moderno, in tanti decenni di lavoro ha “firmato” numerosi progetti, in Italia e all’estero, prima ancora di creare nel 1974 lo studio “Gregotti Associati International”. Il suo ultimo lavoro nel 2012: la ristrutturazione e trasformazione da ex fabbrica a teatro della Fonderia Leopolda di Follonica.
Pur vivendo da tempo a Milano è stato sempre legato alla sua città di origine, lavorando a diversi progetti come quello della rifunzionalizzazione dell’area dell’ospedale. Nel 1983 era stato uno dei primi “Novaresi dell’anno” ad essere insignito del questo riconoscimento appena creato.