Biandrate, dallo scavo un’antica anfora nordafricana «unica in Piemonte»

Biandrate, dallo scavo è emersa un’antica anfora nordafricana «unica in Piemonte». Dopo la pausa forzata, dovuta al lockdown, è ufficialmente ripresa l’attività di ricerca legata al progetto ArcheoBiandrate, portando subito alla luce un’importante novità. Terminata la fase di scavo sul cantiere, è infatti entrato nel vivo lo studio approfondito dei reperti emersi. Questo ha portato alla scoperta di un’anfora risalente all’epoca tardo-romana imperiale, prodotta in Africa settentrionale e destinata al trasporto di olio. «Si tratta di un ritrovamento unico in Piemonte considerando il luogo di produzione, che attesta che Biandrate aveva un ampio bacino di contatti con il resto dell’Impero, oltre che con Milano, all’epoca capitale. Sin dall’età augustea l’olio importato in Piemonte era prevalentemente di provenienza dall’Adriatico settentrionale e raggiungeva la pianura Padana trasportato su delle imbarcazioni che risalivano il Po dalla foce. Purtroppo quello che abbiamo è solo un pezzo frammentario dell’anfora, ma la presenza di fregi e incisioni appena sotto la sommità ha permesso di datarlo e collocarne anche l’origine in modo preciso», spiegano le ceramologhe che stanno lavorando sui reperti.

 

«Una nuova scoperta inattesa, che getta nuova luce sugli scambi commerciali presenti a Biandrate in epoca romana – commentano Francesca Garanzini e Lucia Mordeglia della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Biella, Novara, Vco e Vercelli, responsabili del coordinamento scientifico del progetto ArcheoBiandrate – e che si aggiunge alla preziosa spilla in bronzo con fattezze di pantera, databile fra la metà del II secolo e la metà del III, oltre che alle asce del Neolitico e alle statuette votive».

Il team di studio composto da quattro ceramologhe: ecco come operano
Il gruppo di studio che sta collaborando con la Soprintendenza è composto dalle quattro ceramologhe piemontesi Anna Lorenzatto, Elena Quiri, Angela Deodato e Stefania Padovan. Un team con alle spalle un’esperienza ventennale, con competenze eterogenee e complementari allo stesso tempo: Lorenzatto, Quiri e Deodato sono infatti delle romaniste, mentre Padovan è specializzata sulla Preistoria e si sta infatti occupando dei reperti risalenti al Neolitico.
Il loro metodo di lavoro assomiglia molto a quello di qualcuno che stia affrontando la sfida, tuttaltro che semplice, di ricomporre un puzzle. «Siamo partite dallo screening dei reperti emersi dallo scavo, per poi passare alla separazione dei materiali, quali ceramiche, vetri e metalli per uso alimentare e tessile, oltre a pietre lavorate – spiegano – Nei casi più fortunati, come quello dell’anfora, la datazione è possibile grazie al confronto con altri materiali analoghi, emersi in altri contesti di studio. Ad esempio tramite un fregio, un’incisione o una decorazione. Ovviamente questa attività di confronto non poteva prescindere dai materiali emersi durante il precedente scavo della villa romana a Biandrate, risalente agli Anni ’80. Ma la comparazione è in corso anche con ritrovamenti nel territorio dell’Italia settentrionale e transmarini. Ciascuna osservazione viene annotata in un database informatico, che comprende sia le schede inventariali sia eventuali disegni, che realizziamo per ricostruire le forme originali dei vari oggetti. Questo lavoro permette di conservare le informazioni e di metterle a disposizione di altri studiosi, ma anche della stessa collettività per la diffusione delle conoscenze storiche di un territorio».

Una fotogallery delle ceramologhe all’opera

 

La scoperta dopo la ripresa, in primavera una mostra e workshop di approfondimento
«Siamo molto soddisfatti delle nuove rilevanze emerse dallo studio dei ritrovamenti, che arrivano dopo le innumerevoli difficoltà che hanno colpito anche gli Enti, soprattutto durante il lockdown – commentano le funzionarie della Soprintendenza Garanzini, Mordeglia e il sindaco Luciano Pigat – Anche la divulgazione rappresenta uno degli obiettivi fondamentali del progetto Archeobiandrate. Confermiamo la volontà di allestire una mostra di lungo periodo per condividere con la collettività i risultati di questo studio affascinante. L’idea è quella di coinvolgere tutte le fasce d’età, anche attraverso workshop di approfondimento per scuole e famiglie. Nei nostri piani queste iniziative potrebbero prendere il via la prossima primavera».

Leggi anche:

Lo scavo di Biandrate restituisce reperti del Neolitico

Allo scavo archeologico di Biandrate nuovo ritrovamento unico in Italia

«A Biandrate lo scavo archeologico più importante del Piemonte Orientale»

Condividi:

Facebook
WhatsApp
Telegram
Email
Twitter

© 2024 La Voce di Novara - Riproduzione Riservata
Iscrizione al registro della stampa presso il Tribunale di Novara

Picture of Redazione

Redazione

Condividi l'articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

SEGUICI SUI SOCIAL

Sezioni

Biandrate, dallo scavo un’antica anfora nordafricana «unica in Piemonte»

Biandrate, dallo scavo è emersa un’antica anfora nordafricana «unica in Piemonte». Dopo la pausa forzata, dovuta al lockdown, è ufficialmente ripresa l’attività di ricerca legata al progetto ArcheoBiandrate, portando subito alla luce un’importante novità. Terminata la fase di scavo sul cantiere, è infatti entrato nel vivo lo studio approfondito dei reperti emersi. Questo ha portato alla scoperta di un’anfora risalente all’epoca tardo-romana imperiale, prodotta in Africa settentrionale e destinata al trasporto di olio. «Si tratta di un ritrovamento unico in Piemonte considerando il luogo di produzione, che attesta che Biandrate aveva un ampio bacino di contatti con il resto dell’Impero, oltre che con Milano, all’epoca capitale. Sin dall’età augustea l’olio importato in Piemonte era prevalentemente di provenienza dall’Adriatico settentrionale e raggiungeva la pianura Padana trasportato su delle imbarcazioni che risalivano il Po dalla foce. Purtroppo quello che abbiamo è solo un pezzo frammentario dell’anfora, ma la presenza di fregi e incisioni appena sotto la sommità ha permesso di datarlo e collocarne anche l’origine in modo preciso», spiegano le ceramologhe che stanno lavorando sui reperti.

 

«Una nuova scoperta inattesa, che getta nuova luce sugli scambi commerciali presenti a Biandrate in epoca romana – commentano Francesca Garanzini e Lucia Mordeglia della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Biella, Novara, Vco e Vercelli, responsabili del coordinamento scientifico del progetto ArcheoBiandrate – e che si aggiunge alla preziosa spilla in bronzo con fattezze di pantera, databile fra la metà del II secolo e la metà del III, oltre che alle asce del Neolitico e alle statuette votive».

Il team di studio composto da quattro ceramologhe: ecco come operano
Il gruppo di studio che sta collaborando con la Soprintendenza è composto dalle quattro ceramologhe piemontesi Anna Lorenzatto, Elena Quiri, Angela Deodato e Stefania Padovan. Un team con alle spalle un’esperienza ventennale, con competenze eterogenee e complementari allo stesso tempo: Lorenzatto, Quiri e Deodato sono infatti delle romaniste, mentre Padovan è specializzata sulla Preistoria e si sta infatti occupando dei reperti risalenti al Neolitico.
Il loro metodo di lavoro assomiglia molto a quello di qualcuno che stia affrontando la sfida, tuttaltro che semplice, di ricomporre un puzzle. «Siamo partite dallo screening dei reperti emersi dallo scavo, per poi passare alla separazione dei materiali, quali ceramiche, vetri e metalli per uso alimentare e tessile, oltre a pietre lavorate – spiegano – Nei casi più fortunati, come quello dell’anfora, la datazione è possibile grazie al confronto con altri materiali analoghi, emersi in altri contesti di studio. Ad esempio tramite un fregio, un’incisione o una decorazione. Ovviamente questa attività di confronto non poteva prescindere dai materiali emersi durante il precedente scavo della villa romana a Biandrate, risalente agli Anni ’80. Ma la comparazione è in corso anche con ritrovamenti nel territorio dell’Italia settentrionale e transmarini. Ciascuna osservazione viene annotata in un database informatico, che comprende sia le schede inventariali sia eventuali disegni, che realizziamo per ricostruire le forme originali dei vari oggetti. Questo lavoro permette di conservare le informazioni e di metterle a disposizione di altri studiosi, ma anche della stessa collettività per la diffusione delle conoscenze storiche di un territorio».

Una fotogallery delle ceramologhe all’opera

 

La scoperta dopo la ripresa, in primavera una mostra e workshop di approfondimento
«Siamo molto soddisfatti delle nuove rilevanze emerse dallo studio dei ritrovamenti, che arrivano dopo le innumerevoli difficoltà che hanno colpito anche gli Enti, soprattutto durante il lockdown – commentano le funzionarie della Soprintendenza Garanzini, Mordeglia e il sindaco Luciano Pigat – Anche la divulgazione rappresenta uno degli obiettivi fondamentali del progetto Archeobiandrate. Confermiamo la volontà di allestire una mostra di lungo periodo per condividere con la collettività i risultati di questo studio affascinante. L’idea è quella di coinvolgere tutte le fasce d’età, anche attraverso workshop di approfondimento per scuole e famiglie. Nei nostri piani queste iniziative potrebbero prendere il via la prossima primavera».

Leggi anche:

Lo scavo di Biandrate restituisce reperti del Neolitico

Allo scavo archeologico di Biandrate nuovo ritrovamento unico in Italia

«A Biandrate lo scavo archeologico più importante del Piemonte Orientale»

© 2020-2024 La Voce di Novara
Riproduzione Riservata