«Chi mi chiede di parlare della nostra Simona mi fa un bel regalo, perché mi permette una volta in più di ricordarla e questo mi fa stare meglio». E’ la voce di un papà innamorato della propria figlia. E’ la voce di Leonardo Melchionda, papà di Simona, la giovane oleggese uccisa a 25 anni dall’ex fidanzato nella notte fra il 6 e il 7 giugno 2010.
Simona è stata ritrovata soltanto il 3 luglio 2010, quasi un mese dopo, quando Luca Sainaghi, l’ex, aveva confessato. Un mese di attesa per i famigliari e poi la tragedia.
«Il 20 novembre è il compleanno di Simona, quest’anno ne ha compiuti 36, e dopo pochissimi giorni ricorre il 25 Novembre. Ancora oggi io non so darmi una spiegazione del come mai si possa arrivare a un punto del genere, a uccidere. Se ne parla poco? Non si fa abbastanza? Non lo so, so però che la giustizia fa poco, che ci sono continui cavilli, sconti di pena. E poi spesso queste persone si pentono, ma il problema è che chi non c’è più in questo modo non torna indietro».
Quest’anno ricorre il decimo anniversario della sua morte: «Sembrano volati questi dieci anni, ma i ricordi sono quelli che contano. La sua cameretta è ancora così, ogni tanto Giovanna (la mamma di Simona e moglie di Leonardo, ndr), entra per fare qualcosa ma poi ci diciamo “perché metterci mano? Lo faremo quando sarà il momento”. Buttare via qualcosa di Simona sarebbe come buttare via un ricordo, non sarebbe bello».
Nel corso di questi anni Leonardo e Giovanna hanno avuto contatti con famiglie che hanno vissuto una tragedia simile, Simona non è stata l’unica e neanche l’ultima. «Ci sono poche parole da dire a chi ha vissuto questo momento come noi, la tragedia rimane. Per noi e per le persone più care non si dimentica».
Ma i ricordi belli fanno bene a Leonardo: «Io sono contento quando parlo di Simona, chi mi chiede di lei mi fa un bel regalo. Tutto ciò che è fatto nel nome di Simona per me è bello, mi piacerebbe che fosse ricordata sempre e sempre di più. Quando le persone mi chiedono di Simona, la sua storia, a me fa un immenso piacere».