Come saranno locali pubblici e uffici quando potremo tornarci? Ad esempio l’open space è stato uno dei must degli ultimi anni, nelle case così come in bar, ristoranti e nelle sedi aziendali: tutto a vista, in uno spazio che rappresenta condivisione, trasparenza e che favorisce le relazioni. Ma il contrasto alla pandemia ha fra le sue prime regole il distanziamento sociale. In attesa della riapertura proviamo a capire quali soluzioni offre il design e proviamo a immaginare come saranno i luoghi che torneremo a frequentare con l’aiuto del designer d’interni novarese Luca Caccia.
«In tema di open space ci sono fondamentalmente due correnti di pensiero: da una parte ci sono grandi aziende che hanno scelto di dire addio a questo tipo di organizzazione degli spazi e che hanno già richiesto l’installazione di box di compartimentazione permanenti. Una scelta certamente dettata dalla paura contingente – spiega Caccia – Dall’altra parte c’è chi invece guarda al futuro con occhi più positivi e ha scelto semplicemente di collocare dei divisori fra le scrivanie: una soluzione transitoria, questi screen infatti potranno essere rimossi in qualsiasi momento. Un approccio, il secondo, su cui hanno lavorato diversi progettisti, anche in chiave etica».
In che senso?
«Ci sono prodotti che possono essere acquistati oggi, con funzioni protettive, ma che sono già predisposti per essere rimodulati con altre funzionalità: sono etici sia dal punto di vista dell’investimento economico per chi li acquista sia sul piano ambientale, perché vanno contro alla filosofia dell’usa e getta. Un esempio in tal senso è il divisorio “Second life”, progettato da Stefano Cerruti, architetto che collabora con il Politecnico di Torino: un oggetto artigianale e molto versatile che oggi è un separatore e che, quando non sarà più necessario avere delle barriere protettive, potrà trasformarsi in appendi abiti o porta piante ad esempio. In generale possiamo dire che il Made in Italy, dopo un primo momento in cui si è dovuto dare una risposta quanto mai rapida e concreta all’emergenza, si è messo in gioco e sta sfornando moltissime proposte».
In tv e nei vari tg si vedono ristoranti con tavoli da 2 divisi a metà: cosa ci aspetta nel futuro al bar o al ristorante?
«Molte delle soluzioni che ci sono state illustrate per prime arrivano da ciò che è stato utilizzato a Wuhan, dopodiché la creatività di designer e progettisti si è davvero sbizzarrita: dai box in plexiglas attorno agli ombrelloni, fino ai caschi protettivi che si calano dal soffitto, come quelli delle parrucchiere, per proteggere i commensali attorno a un tavolo. Idee che hanno fatto discutere e anche sorridere – racconta Caccia con un pizzico di ironia, che interrompe subito dopo – Ma il tema vero è che al momento non c’è alcuna certezza. Ad esempio proprio sui separatori per i tavoli l’Inail ha inviato una nota, ma non è stato chiarito se saranno obbligatori o meno. Lo stesso è accaduto con i pannelli parafiato, comparsi in numerosi negozi, sportelli e farmacie. Di fatto erano solo caldamente consigliati, per fortuna sono spese che, insieme alla sanificazione, potranno essere inserite nel credito d’imposta, come previsto dal Decreto n.23 dell’8 aprile. Ma sarebbe utile che le autorità competenti facessero chiarezza anche su quali saranno i dispositivi di cui sarà necessario dotarsi. Fra i miei clienti posso dire che i più sconfortati sono ristoratori e parrucchieri, che ancora non sanno nemmeno di preciso quando potranno riaprire. La situazione è in continuo divenire, ma è bene essere cauti».