Avviata a marzo, dopo l’autorizzazione dell’Agenzia italiana per il farmaco, si è chiusa la prima fase della sperimentazione al Maggiore con il Tocilizumab, l’antinfiammatorio utilizzato per l’artrite reumatoide, su pazienti affetti da Coronavirus con grave polmonite e insufficienza respiratoria. Il protocollo sperimentale era stato proposto a pazienti con diagnosi di polmonite interstiziale con tampone positivo per Covid-19 e segni di malattia polmonare severa in peggioramento, con avvio di ventilazione non invasiva o invasiva all’ingresso o durante il ricovero.
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Chiusa la prima fase, a breve «ci sarà un secondo studio – spiega il professor Gian Carlo Avanzi, Rettore dell’Università del Piemonte Orientale e Direttore della struttura complessa a direzione universitaria Dea – che arruolerà pazienti meno compromessi».
Quali risultati ha dato? «Nella prima fase dello studio clinico – spiega Avanzi – sono stati trattati una ventina di pazienti, 2mila in Italia, per cui, per poter dire quali sono i risultati di questa terapia occorre analizzare i dati di tutti i pazienti; pertanto non possiamo anticipare nulla perché la nostra casistica è piccola e fornirebbe un dato troppo parziale rispetto alla sperimentazione. E’ questo il rigore scientifico cui noi, professori e ricercatori, siamo legati».
«Dai primi dati da parte di chi ha arruolato più pazienti – prosegue Avanzi – emerge che questo farmaco utilizzato precocemente avrebbe molta più probabilità di essere efficace, visto che ha anche qualche potenziale effetto collaterale; al momento è stato impiegato nei pazienti già gravemente compromessi. E’ possibile che l’esito della sperimentazione non dia i risultati che noi ci aspettavamo di ottenere proprio per la tipologia. Ci sarà un secondo studio, sempre con questo farmaco, che partirà a breve e che arruolerà pazienti meno compromessi».