Covid, test a tappeto nelle case di riposo piemontesi

Test sierologico a tappeto su operatori e ospiti delle oltre 700 case di riposo presenti sul territorio regionale: lo ha deciso l’unità di crisi della Regione e ad annunciarlo è stato l’assessore regionale alla sanità, Luigi Icardi, che l’altro ieri ha incontrato in video conferenza le rappresentanze dei datori di lavoro delle case di riposo, e ieri le rappresentanze sindacali dei lavoratori delle strutture.

 

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La campionatura per la validazione delle procedure dovrebbe partire questa mattina su due prime case di riposo «dopo di che – dicono dall’assessorato – fatte le necessarie valutazioni di efficacia, si procederà progressivamente su tutte le strutture».

«I test sierologici – spiega Icardi – offrono un primo screening rapido dell’infezione, in grado di identificare infezioni tardive, pregressi contatti col virus e avvenuto sviluppo di immunità e possono essere utili per confermare la possibilità di consentire il ritorno al lavoro del personale sanitario risultato negativo al tampone. In più permettono di raccogliere preziosi dati per le analisi epidemiologiche dell’avvenuto contatto col virus in ampie fasce di popolazione».

«E’ un grande risultato quello che abbiamo portato a casa – commenta Paolo Del Vecchio segretario generale provinciale funzione pubblica Cgil Novara e Vco – Ma restiamo in attesa delle verifiche del caso sulla reale intenzione della Regione. La sorveglianza sanitaria sugli operatori è la migliore tutela degli utenti a cui si rivolgono. Questa è la vera alleanza sanitaria tra operatori e utenti».

I sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil, nel corso dell’incontro di ieri, hanno evidenziato «le inadeguate condizioni di sicurezza in cui operano le lavoratrici e i lavoratori» e «manifestato perplessità sulla scelta della Regione (come da delibera di giunta regionale dello scorso 20 marzo), di disporre dell’utilizzo di posti letto all’interno delle Rsa, per ridurre la pressione sulle strutture pubbliche, per inserire tra gli altri, anche pazienti positivi al Covid 19».

«Abbiamo evidenziato alla Regione che l’aumento esponenziale dei contagi e dei decessi che avvengono nelle Rsa – si legge in una nota congiunta diramata dopo l’incontro – nonostante i provvedimenti adottati dalle stesse di chiusura alle visite esterne già dal 5 marzo possono in parte essere ricondotti a positivi asintomatici che sono all’interno delle strutture stesse»; da qui la richiesta di test diagnostici sia sui pazienti che sugli operatori sanitari.

Non da ultima è stata sottolineata, da parte sindacale, la problematica di inserimento di personale in assenza di qualifica all’interno delle Rsa, per un possibile esodo verso la sanità pubblica di personale oss o per carenze dovute a malattia, quarantena o isolamento domiciliare.

E su questo specifico punto «abbiamo espresso l’esigenza di trovare, pur nell’emergenza, soluzioni che siano in grado di garantire le maggiori capacità assistenziali possibili».

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Daniela Fornara

Una risposta

  1. Sarebbe opportuno effettuare “test ” anche alle persone che hanno superato il 70esimo anno. Il test, uquale per tutti, dev’essere libero alle persone che sono interessate. Da effettuare in strutture pubbliche o private con una partecipazione della spesa da parte del richiedente. Può essere una strada che aiuta ad affrontare meglio la situazione. Grazie x l’attenzione.

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Test sierologico a tappeto su operatori e ospiti delle oltre 700 case di riposo presenti sul territorio regionale: lo ha deciso l’unità di crisi della Regione e ad annunciarlo è stato l’assessore regionale alla sanità, Luigi Icardi, che l'altro ieri ha incontrato in video conferenza le rappresentanze dei datori di lavoro delle case di riposo, e ieri le rappresentanze sindacali dei lavoratori delle strutture.   [the_ad id="62649"]   La campionatura per la validazione delle procedure dovrebbe partire questa mattina su due prime case di riposo «dopo di che – dicono dall’assessorato - fatte le necessarie valutazioni di efficacia, si procederà progressivamente su tutte le strutture». «I test sierologici – spiega Icardi – offrono un primo screening rapido dell’infezione, in grado di identificare infezioni tardive, pregressi contatti col virus e avvenuto sviluppo di immunità e possono essere utili per confermare la possibilità di consentire il ritorno al lavoro del personale sanitario risultato negativo al tampone. In più permettono di raccogliere preziosi dati per le analisi epidemiologiche dell’avvenuto contatto col virus in ampie fasce di popolazione». «E’ un grande risultato quello che abbiamo portato a casa – commenta Paolo Del Vecchio segretario generale provinciale funzione pubblica Cgil Novara e Vco – Ma restiamo in attesa delle verifiche del caso sulla reale intenzione della Regione. La sorveglianza sanitaria sugli operatori è la migliore tutela degli utenti a cui si rivolgono. Questa è la vera alleanza sanitaria tra operatori e utenti». I sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil, nel corso dell’incontro di ieri, hanno evidenziato «le inadeguate condizioni di sicurezza in cui operano le lavoratrici e i lavoratori» e «manifestato perplessità sulla scelta della Regione (come da delibera di giunta regionale dello scorso 20 marzo), di disporre dell'utilizzo di posti letto all'interno delle Rsa, per ridurre la pressione sulle strutture pubbliche, per inserire tra gli altri, anche pazienti positivi al Covid 19». «Abbiamo evidenziato alla Regione che l’aumento esponenziale dei contagi e dei decessi che avvengono nelle Rsa – si legge in una nota congiunta diramata dopo l’incontro - nonostante i provvedimenti adottati dalle stesse di chiusura alle visite esterne già dal 5 marzo possono in parte essere ricondotti a positivi asintomatici che sono all'interno delle strutture stesse»; da qui la richiesta di test diagnostici sia sui pazienti che sugli operatori sanitari. Non da ultima è stata sottolineata, da parte sindacale, la problematica di inserimento di personale in assenza di qualifica all’interno delle Rsa, per un possibile esodo verso la sanità pubblica di personale oss o per carenze dovute a malattia, quarantena o isolamento domiciliare. E su questo specifico punto «abbiamo espresso l'esigenza di trovare, pur nell'emergenza, soluzioni che siano in grado di garantire le maggiori capacità assistenziali possibili».

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