Da Coccato&Mezzetti 100 mila mascherine alla settimana. L’industria di Galliate ha ripristinato la produzione per l’emergenza coronavirus. Come spiega l’amministratore delegato dell’azienda Fabiano Vittorio Coccato: «Realizzare un prodotto certificato come le nostre mascherine comporta un notevole impegno economico e di risorse in termini di certificazioni, autorizzazioni che vanno rinnovate con elevatissimi standard produttivi che in Italia devono essere rispettati. Nella fattispecie i nostri sono dispositivi medici, omologati secondo i criteri richiesti dal Ministero della Salute, seguono un iter di autorizzazioni e certificazioni diverso rispetto ai dispositivi di protezione individuale disposti dal Ministero del lavoro (FFP2 ed FFP3). Le nostre mascherine sono catalogate come presidi di protezione dal rischio biologico e chimico e testate contro il virus batteriofago Phi-X 174 (24 nanometri), rispondendo ai requisiti ammessi dal Ministero della Salute, e certificati secondo le norme En 14126 Uni En 14605 (Numero di Repertorio dei Dispositivi Medici 344193/R. Classificazione CND T0399. Classe I)».
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In queste settimane Coccato&Mezzetti si è fatta capofila della produzione di mascherine grazie a una cordata di imprenditori che si sono organizzati per soddisfare le richieste nazionali, oramai dell’ordine di alcuni milioni di pezzi.
«Le commesse sono destinate con la massima priorità alla pubblica amministrazione e agli operatori sanitari. Il rammarico è non riuscire a evadere gli ordini delle aziende – continua Coccato -. Ogni giorno riceviamo centinaia di telefonate da parte ditte private, e siamo stati costretti a congelare temporaneamente le richieste per rispettare gli impegni assunti con le istituzioni pubbliche e governative che devono garantire la sicurezza e la sanità pubblica. Da imprenditori ci rendiamo conto che ognuno ha un’esigenza pratica per continuare a far lavorare i propri dipendenti in sicurezza e limitare il più possibile le pesanti perdite economiche che inevitabilmente conseguiranno alla riduzione delle relative produzioni».
L’invio di mascherine dalla Cina «porterà una vera boccata di ossigeno – se possiamo usare questo eufemismo –. Proprio questo Paese ha dato una lezione al mondo tendendoci la mano e, per quanto riguarda il nostro piccolo, ci ha alleggerito da un peso gravoso imposto da un senso di responsabilità che ci opprimeva davanti a tanta disperata richiesta. Certo ci aspettavamo maggiore collaborazione da parte delle istituzioni europee, che sembrano aver sottovalutato la portata del fenomeno pensando che fosse relegato alla solita bistrattata Italia. Il blocco delle merci alla frontiera, per fare un esempio pratico dell’incomprensibile atteggiamento dell’Europa, non ci ha permesso di ricevere centinaia di migliaia di mascherine che avevamo fatto confezionare in Polonia con il nostro semilavorato, che sicuramente ci avrebbero consentito di assecondare almeno in parte le richieste non evase. Fortunatamente, oggi, con la produzione messa a regime grazie alla collaborazione dei nostri dipendenti (con 15 addetti su due turni e mezzo), potremo rispondere anche alle richieste delle aziende private che si trovano in uno stato di estrema difficoltà».