Da Novara una nuova frontiera per la cura della Sla

Il progetto di ricerca portato avanti dal team diretto dalla professoressa Letizia Mazzini ha dato risultati positivi

Una nuova frontiera per la cura della Sla. È questo il risultato della sperimentazione portato avanti dal team dell’ospedale Maggiore di Novara diretto dalla professoressa Letizia Mazzini, pionieria nella ricerca e già coordinatrice di altri importanti studi su questa malattia.

I test effettuati sulla molecola RNS60 promossi nel 2016 proprio dal Centro regionale europeo esperto Sla, guidato proprio dalla professoressa, e facente capo al reparto di Neurologia diretto dal professor Roberto Cantello, hanno dato esito positivo anche con la pubblicazione dei risultati sulla prestigiosa rivista scientifica “European journal of neurology”.

La sperimentazione è stata eseguita su 142 pazienti di 22 centri italiani: «Abbiamo potuto osservare che effetti positivi, in modo particolare sulla respirazione che è uno dei problemi principali di questa malattia – ha spiegato Mazzini durante la presentazione nella sede di Fondazione Bpn -. Un traguardo importante per cercare di allungare la vita a chi è affetto da Sla. Grazie a questi risultati, il Massachussetts General Hospital della Harvard University e il Northeast Asl Consortium hanno deciso di avviare un nuovo trial multicentrico negli Stati Uniti per testare un numero più elevato di pazienti. Questa fase, la numero tre, dovrebbe durare un anno; al termine la molecola potrebbe essere autorizzata dall’Agenzia del farmacia».

Fondamentale per la ricerca portata avanti dal team di Mazzini, è stato il contrito economico erogato negli anni da diversi soggetti del territorio e non solo.

«Tutto ha avuto inizio da un’intuizione della professoressa che avevano elaborato un protocollo clinico sulla molecola RNS60 con il supporto dell’istituto Mario Negri – ha commentato il presidente di Fondazione Bpn, Frano Zanetta -. Il progetto è stato è stato accolto positivamente negli Stati Uniti e le associazioni americane hanno deciso di finanziarlo con un milioni di euro a patto che il centro di Novara contribuisse almeno con 400 mila euro e che il partner della riceca fosse l’università di Harvard».

A quel punto è iniziata la catena di solidarietà: da Lorenzo Capossela, marito di una paziente affetta da Sla, poi Fondazione Bpn, Fondazione Comunità Novarese, le associazioni Ursla di Novara e Get Out di Benevento raggiungendo, così, la cifra di 400 mila euro.

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Il progetto di ricerca portato avanti dal team diretto dalla professoressa Letizia Mazzini ha dato risultati positivi

Una nuova frontiera per la cura della Sla. È questo il risultato della sperimentazione portato avanti dal team dell'ospedale Maggiore di Novara diretto dalla professoressa Letizia Mazzini, pionieria nella ricerca e già coordinatrice di altri importanti studi su questa malattia.

I test effettuati sulla molecola RNS60 promossi nel 2016 proprio dal Centro regionale europeo esperto Sla, guidato proprio dalla professoressa, e facente capo al reparto di Neurologia diretto dal professor Roberto Cantello, hanno dato esito positivo anche con la pubblicazione dei risultati sulla prestigiosa rivista scientifica "European journal of neurology".

La sperimentazione è stata eseguita su 142 pazienti di 22 centri italiani: «Abbiamo potuto osservare che effetti positivi, in modo particolare sulla respirazione che è uno dei problemi principali di questa malattia - ha spiegato Mazzini durante la presentazione nella sede di Fondazione Bpn -. Un traguardo importante per cercare di allungare la vita a chi è affetto da Sla. Grazie a questi risultati, il Massachussetts General Hospital della Harvard University e il Northeast Asl Consortium hanno deciso di avviare un nuovo trial multicentrico negli Stati Uniti per testare un numero più elevato di pazienti. Questa fase, la numero tre, dovrebbe durare un anno; al termine la molecola potrebbe essere autorizzata dall'Agenzia del farmacia».

Fondamentale per la ricerca portata avanti dal team di Mazzini, è stato il contrito economico erogato negli anni da diversi soggetti del territorio e non solo.

«Tutto ha avuto inizio da un'intuizione della professoressa che avevano elaborato un protocollo clinico sulla molecola RNS60 con il supporto dell'istituto Mario Negri - ha commentato il presidente di Fondazione Bpn, Frano Zanetta -. Il progetto è stato è stato accolto positivamente negli Stati Uniti e le associazioni americane hanno deciso di finanziarlo con un milioni di euro a patto che il centro di Novara contribuisse almeno con 400 mila euro e che il partner della riceca fosse l'università di Harvard».

A quel punto è iniziata la catena di solidarietà: da Lorenzo Capossela, marito di una paziente affetta da Sla, poi Fondazione Bpn, Fondazione Comunità Novarese, le associazioni Ursla di Novara e Get Out di Benevento raggiungendo, così, la cifra di 400 mila euro.

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