E’ stato un tema affrontato anche da La Voce durante il periodo del lockdown. L’utilizzo delle mascherine, divenuta da diversi mesi a questa parte una pratica della nostra quotidianità, ha purtroppo finito per creare, per il maleducato comportamento di qualcuno, nuovi problemi di inquinamento. Non è infatti difficile imbattersi ogni giorno in questi oggetti abbandonati lungo i marciapiedi o addirittura nelle aree verdi. Per non parlare di chi le getta nei fiumi o addirittura in mare. Una stima di Ispra i cui dati sono stati diffusi da Legambiente quantifica in 330 mila il numero di mascherine “abbandonate” ogni giorno in Italia.
Con l’inizio dell’anno scolastico l’utilizzo di questi strumenti di protezione individuale aumenterà ancora sensibilmente, fino a 10 milioni al giorno solo per la scuola e le attività collegate, in massima parte non biodegradabili e che quindi, se non correttamente eliminate, potranno rilasciare nell’ambiente microplastiche e agenti inquinanti.
Una risposta a questo problema, cioè la realizzazione di mascherine chirurgiche biodegradabili e conformi alla compostabilità, è arrivata dall’industria novarese “Coccato&Mezzetti”, che a Galliate produce con il marchio “Promovita” la materia prima idonea alla certificazione tanto dei Dpi (Dispositivi di protezione individuale) quanto di quelli Dm (Dispositivi medici monouso) classificati “ecofriendly”. Tutti i prodotti “Promovita” (mascherine, tute e camici) sono realizzati con il conosciuto “Mater-Bi”, la bioplastica biodegradabile e compostabile brevettata dalla “Novamont” guidata da Catia Bastioli.
Grazie a ingenti investimenti che hanno permesso l’abbattimento dei costi, queste mascherine monouso e soprattutto ecologiche sono oggi prodotte su larga scala, mantenendo le stesse caratteristiche alle comuni chirurgiche ma ancora più funzionali, leggere ed esteticamente gradevoli.
«Le mascherine abbandonate sono diventate una presenza inaccettabile – ha spiegato Fabiano Vittorio Coccato, amministratore delegato della “Coccato&Mezzetti” – perché si tratta di un ridiuto indifferenziato che dovrebbe essere conferito all’inceneritore. Oggi sempre più persone si stanno accorgendo che le mascherine rappresentano anche una sfida ambientale, chiedendo quindi un prodotto sicuro ma anche eco-sicuro. Pur non essendo ancora quello della biodegradabilità un requisito richiesto dalle autorità la sensibilità sta comunque cambiando. Per questo auspichiamo che anche in fase di certificazione gli organismi ministeriali possono recepire il non inquinare come valore positivo».